Provate a immaginare quasi 1 chilo e mezzo di massa tumorale da portarvi addosso; anzi, peggio, lievitata sul viso come a espropriare la vostra identità. No, non si può immaginare. Eppure, Angelo, un uomo di 38 anni, ha vissuto con un ameloblastoma, un tumore sviluppatosi lentamente per venti anni. La massa aveva intaccato completamente la bocca, la mandibola e il cavo orale, rendendo assolutamente indispensabile l’intervento chirurgico. E infatti, pochi giorni fa gli è stato finalmente rimosso il tumore dall’équipe del professor Alessandro Baj, responsabile dell’UOC di Chirurgia Maxillo-facciale dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato). Un intervento complesso che ha previsto anche la ricostruzione della mandibola impiegando una porzione di osso del perone del paziente stesso.

Di cosa si tratta

L’ameloblastoma è una neoplasia benigna dell’osso mascellare non metastatica, ma molto aggressiva localmente e che si forma dalle cellule preposte alla produzione dello smalto dentale. Il tumore aveva compromesso in maniera significativa la vita di Angelo che faticava ormai a deglutire, ad alimentarsi e a respirare. “Siamo di fronte a una neoplasia primitiva dell’osso, le cui cause sono da ricercare nella genetica. Il tessuto di origine è quello dello smalto dei denti, che va incontro a un’aberrazione durante il suo sviluppo, al quale segue un errore di trascrizione nel Dna che i sistemi di correzione del nostro organismo non riescono ad affrontare”, spiega Baj, che è anche professore associato di Chirurgia maxillofacciale del Dipartimento di scienze Biomediche, chirurgiche e odontoiatriche dell’Università degli Studi di Milano e Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale della medesima Università.

Le fasi dell’intervento

Prima di intervenire chirurgicamente è stata necessaria un’accurata pianificazione: il paziente è stato sottoposto a una Tac per ricavare immagini poi elaborate da uno specifico software in grado di riprodurre tridimensionalmente lo scheletro della testa. È stato poi simulato l’intervento virtualmente e, grazie all’ausilio delle migliori tecnologie software e di stampa 3D, è stato possibile progettare “su misura” tutti le componenti – come placche, guide e viti – necessarie in sala operatoria, soprattutto per la resezione dell’osso mandibolare, la modellazione del perone e dei tessuti da impiegare per la ricostruzione del volto. In un’unica seduta operatoria, della durata di 8 ore, il professor Baj con la sua équipe ha rimosso, con un doppio accesso da bocca e collo, la massa tumorale e la mandibola, parallelamente si è proceduto con l’espianto del perone – con l’arteria peroniera e le vene – che è stato modellato per riprodurre, anche grazie all’ausilio di mezzi di fissazione, l’esatta curvatura della mandibola. Si tratta quindi di un trapianto autologo, di un tessuto che viene poi rivascolarizzato con tecniche microvascolari, che permettono pertanto al tessuto trapiantato di essere subito percorso dal sangue. “Si tratta di un intervento impegnativo, ma che presenta una bassa possibilità di complicanze soprattutto in pazienti giovani, come in questo caso”, aggiunge il professor Baj.

Probabilità di successo

Il tasso di successo è molto alto, tuttavia è possibile avere una recidiva, pertanto il follow up post-operatorio sarà di 5 anni, esattamente come accade per alcuni tumori maligni”. In un secondo tempo Angelo verrà sottoposto a un nuovo intervento che prevede l’impianto dei denti, il ripristino della funzionalità di labbro e bocca, poiché il tumore aveva intaccato anche la muscolatura del volto, nonché il miglioramento dell’aspetto della cicatrice sul collo e la rimozione della pelle in eccesso. Il paziente può tornare da subito a una vita attiva, senza alcun bisogno di riabilitazione.

Prospettive future

Professor Baj, quanto è frequente questo tipo di tumore?

“L’ameloblastoma è il tumore più frequente che origina dai tessuti che compongono i denti. Da solo rappresenta quasi il 10% di tutti i tumori che coinvolgono l’osso mandibolare e mascellare”.

Nel caso di questo paziente, il tumore si è sviluppato nell’arco di 20 anni. Oggi è possibile arrestare prima la sua crescita?

“La crescita di questo tumore è molto lenta, oggi gli studi genetici hanno individuato delle mutazioni specifiche che rappresentano il bersaglio di nuove terapie che però si utilizzano nel caso di varianti aggressive o recidivanti. L’obiettivo è la diagnosi precoce e il conseguente intervento chirurgico che diventa così meno invasivo”.

Dopo l’operazione e vista la delicata situazione anche psicologica del paziente, quali interventi di supporto e riabilitazione sono previsti?

“L’eventuale supporto psicologico è previsto, ma non è per tutti. Nel caso specifico, il paziente, oltre ad avere una tempra caratteriale notevole, ha prontamente girato in positivo la sua vicenda permettendo a me e a lei di parlarne nella comune speranza che la maggior conoscenza di questo argomento possa essere di aiuto ad altre persone”.

In Italia quali sono gli altri centri di eccellenza per questo tipo di intervento?

“Fortunatamente, in Italia, la chirurgia maxillo-facciale, disciplina poco conosciuta per quello che realmente rappresenta sotto il profilo sanitario, è un’eccellenza di livello internazionale. Da Sud a Nord esistono diverse Unità Operative nelle quali il livello delle prestazioni chirurgiche, anche così sofisticate, è altissimo. Inoltre, abbiamo un grosso vantaggio, essendo in pochi e andando per lo più molto d’accordo, non è inusuale che si costituiscano collaborazioni, si creino network e, a volte, delle équipe miste a tutto vantaggio dei pazienti”.

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