Non solo lo spaccio di droga, ma anche un traffico internazionale di armi da guerra. Mitragliette UZI, fucili d’assalto AK47 (i Kalašnikov), Colt M16, pistole Glock e Beretta, bazooka e bombe a mano MK2 (le cosiddette “ananas”): armi che la banda acquistava da un fornitore monzese, condannato all’ergastolo per omicidio aggravato ed associazione mafiosa, ma che beneficiava di permessi premio. L’associazione criminale, con legami con la ‘ndrangheta, è stata fermata dalle indagini del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Monza, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Agli indagati sono stati contestati 221 capi d’imputazione – traffico nazionale ed internazionale di sostanze stupefacenti e armi, riciclaggio e autoriciclaggio – e il gip di Milano ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per 30 persone (26 italiani e quattro marocchini).

L’esecuzione degli arresti è in corso nelle province di Monza Brianza, Milano, Como, Pavia, Reggio Calabria, Catanzaro, Messina, Palermo, Trieste e Udine. La droga proveniva dal Sud America (prevalentemente dall’Ecuador) e dalla Spagna e arrivava in container nel porto calabrese di Gioia Tauro per poi essere trasferita in buona parte a Milano. Parallelamente al traffico di droga, è emerso appunto un traffico di armi da fuoco comuni e da guerra. Parte dei guadagni erano reinvestiti in orologi di lusso in una nota gioielleria del centro di Milano, in immobili residenziali, attività commerciali, oltre che nell’acquisto di nuovi carichi di droga.

Un’indagine cominciata in “vecchio stile” per incastrare il gruppo di trafficanti, che per comunicare usavano telefoni criptati. I pedinamenti degli appartenenti del gruppo sono iniziati nel 2020, con intercettazioni ambientali e video. Così è emersa la figura di un commerciante di auto usate di Cusano Milanino, definito il “broker“, che gestiva l’ingresso e la commercializzazione di enormi quantitativi di droga nel territorio nazionale, con la complicità di appartenenti alla ‘ndrangheta operante anche in Lombardia: la famiglia Bellocco di Rosarno. La droga, venduta all’ingrosso, finiva poi sulle piazze di spaccio di Quarto Oggiaro, Cinisello Balsamo e Monza.

I carabinieri hanno seguito gli indagati anche oltre frontiera, in Francia e Spagna, nelle città di Nizza, Marsiglia, Barcellona e Valencia, dove sono andati in auto, in pieno lockdown, per gestire personalmente l’acquisto di droga da alcuni fornitori. L’inchiesta ha acquisito ancora più corpo grazie all’utilizzo, tramite un canale di collaborazione Eurojust, di chat di dialogo tra gli indagati (messaggistica, audio, foto e video) estratte in chiaro dalla piattaforma SKY-ECC (su cui operano i telefonini criptati).

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“Volete fare bum bum con noi?”, nelle intercettazioni la tensione tra bande: spaccio di droga e armi da guerra tra Nord e Sud Italia

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