Non bastano alla Corte dei Conti del Veneto i piccoli passi con cui sta procedendo, nonostante gli anni di ritardo, la realizzazione della Pedemontana Veneta, un’opera che attraversa le province di Vicenza e Treviso e che al termine del project financing costerà 12 miliardi di euro. Al secondo follow-up della sezione regionale di controllo sono numerose le criticità contestate alla Regione Veneto e di conseguenza alla società Sis nell’indagine redatta da Fedor Melatti e Chiara Bassolino. “Sulla base dell’istruttoria risulta evidente che l’andamento dei lavori continua a subire ritardi” scrivono i giudici, facendo riferimento alla precedente relazione del 2020.

Il completamento dei lavori, per contratto, sarebbe dovuto avvenire l’11 settembre 2020, ma la Regione aveva poi posticipato la data al 22 ottobre 2022, con messa in esercizio per la fine del 2022, una data già posticipata di anni rispetto alle previsioni iniziali (la prima pietra è stata posta nel 2011). “Tuttavia neanche questi termini sono stati rispettati e oggi la Regione stima che la conclusione dell’Opera avverrà il 31 maggio 2023, con previsione di messa in esercizio non prima della prossima estate”. Il riferimento temporale è evidentemente superato perché il 31 maggio è passato senza che vi sia stata la conclusione. I giudici invitano la regione a monitorare la situazione “per l’applicazione delle sanzioni penali da ritardo, tenuto conto che i ritardi sono ormai quantificabili in un range temporale che varia dai 3 anni ai 6 anni circa, a seconda dei singoli lotti”. La Regione ha risposto ai giudici che per una quantificazione esatta bisogna aspettare l’ultimazione dei lavori e che in quel momento di calcolerà la penale di 25.000 euro per ogni mese di ritardo.

I giudici ricordano che in base al cronoprogramma solo per un lotto era indicato il termine dell’11 settembre 2020, mentre per gli altri lotti le date di ultimazione erano fissate al 31 dicembre di tre anni diversi, il 2017, il 2018 e il 2019. Il punto dolens dietro al quale si nasconde la Regione Veneto è quello dell’allacciamento della Pedemontana con la A4 Serenissima a Montecchio Maggiore (Vicenza), dove è in ulteriore ritardo il casello di ingresso che consentirebbe di veicolare il traffico sulla direttrice per Milano. Siccome i lavori spettano alla Brescia-Padova (per le interferenze con l’alta velocità ferroviaria) la Regione ha incontrato il ministro Matteo Salvini e la società concessionaria della A4 per sollecitare la chiusura dei cantieri, visto che il termine del 20 marzo 2023 è stato superato e adesso già ipotizza un ulteriore slittamento alla primavera 2024. Per i giudici contabili c’è stato anche un ritardo nell’innesto della Pedemontana con la A27 Alemagna, completato solo lo scorso aprile, un anno dopo il termine dell’aprile 2022, che era però già in ritardo di tre anni e mezzo sulle previsioni iniziali.

Numerose le altre criticità (“nessun profilo rilevato nel precedente referto risulta definitivamente superato” scrive la Corte dei conti) che influiscono sui flussi di traffico al momento modesti. Ad esempio la richiesta di aumentare la velocità di percorrenza da 110 km all’ora (previsti per una superstrada a pagamento) ai 130 km di un’autostrada, non è stata ancora accolta e rende la percorrenza meno appetibile. C’è poi il bubbone del recupero nei confronti del concessionario dell’importo indebitamente liquidato a titolo di Iva per 20 milioni di euro non dovute sulla quota di contributo finanziata per la realizzazione dell’opera. Dopo l’allarme lanciato nel 2020 i giudici contabili prendono atto che se l’avvocatura regionale ha affidato l’incarico di instaurare un giudizio nei confronti della società Superstrada Pedemontana Veneta, “al momento la causa non è ancora stata iniziata”.

Siccome il tratto messo in esercizio è pari solo a circa 71 chilometri, rispetto ai 94,5 totali, tra i caselli di Malo (Vicenza) e l’autostrada A27, si capisce che il traffico sia ridotto, almeno del 13 per cento. La stima era della Corte dei Conti e risale al 2020. Per questo i giudici prendono atto “che la Regione Veneto sta ponendo in essere ulteriori studi al fine di incentivare il flusso di traffico, operazione necessaria – seppur non risolutiva – rispetto alla struttura recepita nel nuovo assetto negoziale per cui è previsto che gli introiti dei pedaggi spettino alla Regione, a fronte dell’obbligo in capo ad essa di pagare un ingente canone al concessionario”. Gli introiti da pedaggi sono inferiori alle attese, eppure la Regione liquida ogni anno al concessionario qualcosa come 180 milioni di euro, una cifra destinata a salire fino al massimo di 435 milioni di euro nel 2058.

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