“Mi umiliava davanti a tutti”. “Un giorno davanti a tutti mi prese il volto e mi diede un bacio”. “Il capo mi disse: il cliente vuole avere sesso con te, se non ci stai ti licenzio e ti sputtano”. Sono solo alcune delle decine di storie che sono emerse online dopo che è scoppiato il “Metoo” del mondo della pubblicità e che sta riguardando importanti agenzie di comunicazione di Milano. E non c’è solo “la chat degli orrori” di We are social, come raccontato da un ex dipendente dell’agenzia sul Fatto quotidiano. Chi da giorni sta raccogliendo le segnalazioni è l’account Instagram di Tania (Taniume) che si presenta come copywriter e che ha usato il suo profilo per rilanciare le numerose storie che sta ricevendo. Così tante che ha deciso di aprire un form online per raccogliere le denunce in modo anonimo e creare “un luogo sicuro”.Vogliamo creare un cambiamento, per farlo abbiamo bisogno della voce di tutte”, ha scritto.

Intanto, sul profilo Instagram della copywriter, da giorni vengono rilanciate decine di storie. “Mi umiliava davanti a tutti, mi metteva le mani al collo anche davanti agli altri, mi scherniva“, è una delle voci raccolte. “Davanti ad account e creativi. Qualcuno abbassava gli occhi. Altri ridevano. Ed è questa la cosa tremenda. Il silenzio“. Le testimonianze si presentano come dipendenti o ex dipendenti di agenzie pubblicitarie e mettono sotto accusa colleghi e superiori che, dice un’altra voce, sono “tanto bravi e famosi nel settore” da potersi permettere “di fare battute molto esplicite”. “Ad esempio, ad una ragazza asiatica “voi avete la patatina morbida perché usate gli olii sul corpo”, continua la donna. “Un giorno davanti a tutti mi prese il volto e mi diede un bacio a stampo […] Alla sera gli ho scritto dicendo che non volevo quel tipo di confidenze e che ho trovato la cosa inopportuna, mi rispose che era un bacio affettuoso come se lo avesse dato a un cane”.

I racconti esprimono il senso di disagio, le difficoltà e i continui abusi di potere subiti dalle dipendenti. Tanti gli episodi poi dove emerge la normalizzazione costante delle molestie. C’è, ad esempio, chi dice di aver provato a far girare tra i dipendenti un questionario sulla salute mentale al lavoro ed è stato minacciato di denuncia e sottoposto ad una vera e propria “caccia alle streghe” da parte dell’azienda per “sgamare e punire chi si era permesso di rispondere al questionario rovinando la nomea“. C’è poi chi si è vista utilizzata da parte del capo come merce sessuale per compiacere e accaparrare l’importante cliente di turno: “Ricordo durante una trasferta di lavoro con un importante cliente a un evento altrettanto importante che il mio capo di allora mi disse ‘X ti vuole scopare, se non ci stai ti licenzio e ti sputtano’. Non ci sono stata ma ho subito degli abusi da questo cliente X e tantissime minacce“.

Storie di umiliazioni verbali e vere e proprie molestie fisiche da cui emerge molto spesso la complicità dei reparti delle risorse umane, proprio chi dovrebbe essere preposto alla valutazione e alla gestione dello “stato di salute” della componente umana di un’azienda. “All’HR purtroppo non frega nulla” – scrive una ragazza – “ero una stagista e so per certo che almeno una persona in HR sapeva di ripetuti commenti totalmente inaccettabili fatti dal mio manager nei confronti di un’altra stagista molto bella e con un seno molto importante del nostro team, ma non hanno mai neanche provato a cambiare le cose“. “Succede, che possiamo farci?” – è stato il commento delle risorse umane.

Tra le tante testimonianze anche messaggi di uomini che hanno deciso di unirsi in sostegno a chi sta decidendo di esporsi e condividere il proprio racconto. E quello che sta emergendo in queste ore è un racconto collettivo che pone molti interrogativi sul silenzio e l’omertà tutelati dai dirigenti fino a questo momento. “Ho subito molestie in un’agenzia in cui ho lavorato”, scrive sempre Tania su Instagram spiegando perché ha deciso di iniziare a parlare. “Molestie ripetute su base giornaliera e che, con me, subivano altre persone”. Il post lo ha pubblicato in occasione dell’inizio del Festival di Cannes dei pubblicitari, in corso proprio in questi giorni nel Sud della Francia. “Non posso accettare che l’evento monopolizzi la conversazione a discapito di ciò che è veramente importante”, scrive ancora. “Non sono io a dire che c’è un problema nel mondo della pubblicità, ma le tante, troppe testimonianze di persone che hanno subito molestie verbali, psicologiche e fisiche dentro le agenzie. E’ una cultura sistemia, in cui le agenzie affondano le loro radici. E’ il momento di smantellare questo sistema. E’ il momento di condannare questi atteggiamenti”.

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