Paulo Leminski, poeta, romanziere, traduttore, compositore di canzoni, biografo e saggista – oltre che fascia nera di judo. Uomo e intellettuale estremamente colto (conosceva sei lingue, fra cui ebraico, latino e greco antico), è oggi considerato una figura di riferimento per la poesia lusofona della seconda metà del ‘900. La sua è una poesia interamente incentrata sul “principio del piacere” nell’utilizzo del linguaggio, strumento (o dono) che definisce l’unicità umana. Poesia quindi come esperienza linguistica, visiva e sonora, di puro e inutile piacere verbale, in contrapposizione all’avvilimento commerciale di tutto ciò che è invece utile. Eclatante è stato il successo riscosso (già in vita) da Leminski, oggi forse il poeta più letto dell’universo di lingua portoghese.

M.D.

***

A una lettera piuma…

a una lettera piuma

solo si risponde

con alcuna risposta nessuna

così come se l’onda

non finisse in schiuma

così come se amare

fosse più che bruma

una cosa così complessa

come se un giorno di pioggia

fosse un ombrellino aperto

come se, ahi, come se,

di quanti come se

si fa questa storia

che si chiama io e te

***

Nostalgica amnesia

Memoria è cosa recente.

Fino a ieri, chi ricordava?

La cosa viene prima

o, prima, la parola?

A perdere il ricordo

gran cosa non si perde.

Le nuvole, sempre bianche.

Il mare? Continua verde.

***

Stupore

quest’improvviso non avere
questo stupido volere
che mi porta a dubitare
quando devo confidare
questo sentirsi crollare

quando non c’è luogo
dove poter andare
questo prendere o lasciare

questa poesia volgare
che non mi fa mentire

***

Ragion d’essere

Scrivo. La cosa è questa.

Scrivo perché ho bisogno,

bisogno perché gira la testa.

E altra gente non c’entra niente.

Scrivo perché in cielo schiarisce

e le stelle rassomigliano

alle lettere sul foglio,

quando la poesia m’imbrunisce.

Il ragno si tesse la rete.

Il pesce bacia e morde ciò che vede.

Io scrivo, e questo è.

Ci dev’essere un perché?

***

Scontrarii

Ho detto alla parola di rimare

ma lei non m’ha ubbidito.

Parlava di mare, di cielo, di rosa,

in greco, in silenzio, in prosa.

Sembrava fuori di sé,

la sillaba silenziosa.

Ho detto alla frase di sognare

e s’è persa in un labirinto.

Fare poesia, mi sa, questo e basta.

Dare ordini a un esercito

per conquistare un impero estinto.

***

Gardenie e ortensie…

gardenie e ortensie

non fate niente

che a questo mondo

mi ricordi l’appartenenza

lasciatemi pensare

che tutto sia soltanto

una terribile coincidenza

***

Paulo Leminski nasce a Curitiba il 24 agosto 1944. Al collegio dei padri benedettini maristi di San Paolo impara da solo il francese, l’inglese, il latino, il greco antico e il giapponese. Nel 1964 esordisce sulla rivista del movimento concretista «Invenção». Si immerge nella controcultura degli anni Sessanta e Settanta, di cui sarà l’epicentro della sua città. Appassionato di cultura giapponese e insegnante di judo, ha praticato la forma dello haiku. Muore il 7 giugno 1989, di cirrosi epatica. Nel 1975 esce il romanzo sperimentale Catatau, annoverato fra le sue opere più significative, nel quale immagina una visita di Cartesio in Brasile. Nel 2013 l’editore Companhia das Letras pubblica l’opera poetica completa Toda Poesia, che ha venduto ad oggi oltre 350.000 copie. Leminski ha inoltre scritto biografie di Matsuo Bashō, del poeta João da Cruz e Sousa, di Gesù e di Trotsky. Ha tradotto in portoghese Petronio, John Fante, Alfred Jarry, James Joyce, Samuel Beckett e Yukio Mishima. Nel 2022 per le edizioni L’arcolaio di Forlì è uscita la prima traduzione italiana di Leminski, a cura di Massimiliano Damaggio, con il titolo Distratti vinceremo.

(Photo credits: Macacheira)

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