Ha percorso 1.200 chilometri alla guida della sua automobile, pur di salutare per l’ultima volta il presidente del suo Milan: il montenegrino Dejan Savicevic è partito da Podgorica, la capitale del suo Paese, per raggiungere Milano e partecipare ai funerali di Silvio Berlusconi. “Ho parlato con Daniele Massaro – ha raccontato l’ex stella rossonera e oggi dirigente sportivo alla Gazzetta dello Sport – e gli ho detto che potevo prendere un aereo alle 11: lui mi ha consigliato di aspettare perché è un funerale di Stato, ci sono regole e restrizioni per la sicurezza. Va bene, capisco. Poi mi hanno richiamato e a quel punto sono partito in macchina, da Podgorica per Milano, ovvero 1.200 chilometri, anzi qualcosa in più”.

Savicevic in Duomo voleva esserci: il “genio” rossonero, simbolo di vittorie che sono entrate nella storia del club, come la Coppia dei Campioni vinta ad Atene contro il Barcellona nel 1994 (proprio nello stesso anno in cui Berlusconi iniziava il suo primo mandato da Presidente del Consiglio) non sarebbe mai mancato al funerale dell’ex premier, a cui era particolarmente legato: “Era veramente un secondo padre – ha spiegato Savicevic – mi voleva bene. Anche io a lui. Lo saluterò per l’ultima volta”. “Ho fatto delle cazz*** e ho sbagliato, ma lui sistemava tutto e mi diceva di stare tranquillo, di portare pazienza”, ha aggiunto il montenegrino. Che poi ha svelato un aneddoto: “Una volta, contro l’Anderlecht, ho rifiutato di andare in panchina. È venuto fuori un casino, Capello si è arrabbiato. Berlusconi ha dato ragione a Fabio, ma ha detto anche che Dejan va capito. ‘È un fuoriclasse e soffre perché non gioca’”.

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