Per i detrattori, la finale di Champions League dell’Inter è solo un caso, il percorso fortunato in un tabellone irreperibile. Per i pessimisti, giusto un’illusione sul reale valore di una squadra che in campionato è arrivata terza a venti punti di distacco dal Napoli. Per i pragmatici, una sana boccata d’ossigeno per tutti i guai finanziari della società. La verità è che questa finale è un sogno. Ma comunque vada a Istanbul stasera, poi per i nerazzurri si torna alla dura realtà.

È giusto scriverlo adesso, prima e non dopo la partita, perché la realtà non può dipendere dal risultato di novanta minuti. E l’Inter non è diventata tutto d’un tratto la squadra più forte d’Europa, né tantomeno una società virtuosa. Sul percorso sportivo poco da aggiungere: Inzaghi la finale se l’è conquistata sul campo con merito, ma certo con un sorteggio diverso, malevolo com’era stato ad esempio l’anno scorso (Liverpool subito negli ottavi) magari i nerazzurri non sarebbero a Istanbul. Il percorso societario d’altra parte è ancora più complesso: oggi l’Inter si presenta al mondo come un club vincente, ed è riuscita anche ad esserlo nelle ultime due stagioni in cui sono arrivati trofei nazionali e ora anche la consacrazione europea, ma tutto in maniera piuttosto estemporanea. Non con l’arte di costruire ma con quella di arrangiarsi. Pure questo è un talento.

L’Inter, prima e dopo il triplice fischio di Istanbul, sarà comunque un club in profonda difficoltà finanziaria, pesantemente indebitato (parliamo di quasi 800 milioni), con un futuro societario nebuloso. La stessa squadra che due anni fa ha dovuto vendere i suoi pezzi pregiati, che la scorsa estate ha condotto un mercato a saldo zero e la prossima chissà quali acrobazia dovrà tentare per mantenere la rosa competitiva. La proprietà rimane quella cinese, che da quasi tre anni non può più immettere liquidità nelle casse del club, e per mantenerlo è stata costretta a chiedere un prestito di 330 milioni al fondo Oaktree, con scadenza a maggio 2024, che ora dovrà essere rinegoziato, in attesa di una cessione o di chissà che cosa.

Insomma l’Inter che stanotte potrebbe anche diventare campione d’Europa è lontanissima dall’essere un modello di calcio, di qualsiasi tipo. Nonostante gli sforzi, i conti non tornano: ha un monte ingaggi di circa 130 milioni lordi e spende ben più del 50% del fatturato in personale, nel 2022 aveva entrate per circa 450 milioni ma “gonfiate” dalle maxi-cessioni di Hakimi e Lukaku, così come il prossimo esercizio beneficerà dello strepitoso percorso in Champions. Due voci di ricavi variabili e difficilmente replicabili, mentre i costi fissi sono sempre e comunque più alti. L’ultimo bilancio si è chiuso con una perdita di 140 milioni, il prossimo rischia di essere comunque intorno a -100.

Attenzione, nel calcio non c’è niente di male a spendere più di quanto si guadagna: la Serie A ci ha costruito una fortuna a cavallo tra Anni Novanta e Duemila e ora lo fa la Premier League. Ma questo tipo di squadre con fuoriclasse di livello mondiale, dirigenti navigati, stipendi da top player, ha bisogno per forza di cose di avere alle spalle il sostegno economico di una proprietà, che oggi l’Inter non ha. Invece l’autofinanziamento, che la dirigenza si propone a parole, prevede ingaggi contenuti e investimenti sui giovani, per intenderci la strada virtuosa che hanno intrapreso il Napoli e per certi versi anche il Milan. Ma in quest’alternativa non ci sarebbe Lukaku e forse nemmeno Lautaro, né i parametri zero alla Dzeko o Mkhytarian artefici del capolavoro, e forse neppure Marotta abituato a lavorare in altre condizioni. Insomma, non ci sarebbe questa Inter. I nerazzurri per ora sembrano piuttosto aver scelto una via di mezzo, che non è né carne né pesce, e potrebbe sintetizzarsi come “tiriamo a campare”. Un compromesso che può avere anche uno straordinario presente, grazie al talento dei giocatori, le intuizioni dei dirigenti, il lavoro dell’allenatore, ma non ha troppo futuro.

Ciò non vuol dire che questa finale non conti nulla: come potrebbe mai essere per una partita così importante. Da questa Champions League, l’Inter avrà guadagnato comunque una vagonata di milioni, un centinaio, che intanto sistemano il bilancio 2023, e renderanno la prossima estate più serena. La squadra poi ha acquisito un prestigio europeo che non aveva da un decennio, e questo potrebbe aiutare a risolvere altri problemi: come la mancanza di un main sponsor (si veda l’arrivo in extremis di Paramount+ per gli ultimi due match stagionali) o la ricerca stessa di un nuovo proprietario. E poi resta sempre la cosa più importante: un sogno indimenticabile da ricordare. Comunque vada.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Successivo

Manchester City-Inter, oggi la finale di Champions: Inzaghi e la gabbia anti-Guardiola – Dove vederla in tv

next