Al via la missione di pace in Ucraina di Papa Francesco. Il 5 e il 6 giugno il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna, sarà a Kiev come inviato del Pontefice. “Si tratta – ha spiegato la Sala Stampa della Santa Sede – di una iniziativa che ha come scopo principale quello di ascoltare in modo approfondito le autorità ucraine circa le possibili vie per raggiungere una giusta pace e sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensioni”. Al momento, non è prevista una tappa del porporato a Mosca. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha precisato che quella affidata al presidente della Cei non è una missione che ha “come scopo immediato la mediazione”, ma è stata voluta dal Papa per “allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina”. L’obiettivo è “cercare soprattutto di favorire il clima, favorire un ambiente che possa portare a percorsi di pace”.

Il porporato, inoltre, ha ricordato che “Kiev non sarebbe disposta attualmente a una mediazione nel senso stretto del termine. Però questa missione non ha come scopo immediato quello della mediazione quanto piuttosto di creare questo clima e aiutare ad andare verso una soluzione pacifica”. Parolin si è rifatto alle affermazioni del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che, dopo l’incontro con Bergoglio del 13 maggio 2023, si è detto contrario a qualsiasi mediazione con la Russia. Chiusura che ha irritato la diplomazia vaticana, con il Papa che ha poi spiegato il senso della posizione di Zelensky: “Loro non sognano tanto le mediazioni, perché il blocco ucraino è davvero molto forte. Tutta Europa, Stati Uniti. In altre parole, hanno una forza propria molto grande. No? Lui era molto addolorato e ha chiesto collaborazione per cercare di far tornare i ragazzi in Ucraina”. Bergoglio, inoltre, ha precisato che “la pace sarà raggiunta il giorno in cui potranno parlare, tra loro due o tramite altri”, riferendosi ovviamente a Kiev e Mosca.

Recentemente, Francesco ha voluto rivolgere “un pensiero grato per quanti, venendo dall’Ucraina e dalla Russia e da altri Paesi di guerra, hanno deciso di non essere nemici, ma di vivere da fratelli. Il vostro esempio possa suscitare propositi di pace in tutti, anche in coloro che hanno responsabilità politiche. E questo ci deve portare a pregare di più per la martoriata Ucraina ed esserle vicini”. Alla Madonna il Papa ha voluto affidare “le popolazioni provate dal flagello della guerra, specialmente la cara e martoriata Ucraina”. La sintonia con Zuppi è totale. Bergoglio lo ha anche nominato giudice della Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano insieme ad altri due porporati italiani da lui molto stimati: Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, e Mauro Gambetti, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano.

Il cardinale Zuppi, figura di spicco della Comunità di Sant’Egidio, fondata da Andrea Riccardi e presieduta da Marco Impagliazzo, è un autentico prete di strada, da sempre vicino ai poveri, uomo di mediazione e di pace, personalità molto autorevole e con sensibilità pastorali molto affini a quelle di Bergoglio. Nel 1990 Riccardi e Zuppi svolsero il ruolo di mediatori nelle trattative tra il governo del Mozambico, all’epoca controllato dai socialisti del Fronte di Liberazione del Mozambico, e il partito di Resistenza Nazionale Mozambicana, impegnati dal 1975 in una sanguinosa guerra civile. La mediazione portò, il 4 ottobre 1992, nel giorno della festa di san Francesco d’Assisi, dopo ventisette mesi di trattative, alla firma degli accordi di pace di Roma che sancirono la fine delle ostilità. Per questo motivo, la Comunità di Sant’Egidio è anche chiamata l’Onu di Trastevere, quartiere romano dove è nata e dove ha la sede principale.

Dopo la missione affidatagli da Bergoglio, il cardinale Zuppi ha ricordato proprio “una delle preoccupazioni che Papa Francesco ci ha sempre rappresentato in questi anni, recentemente fino alla commozione: la pace, oggi specialmente in Ucraina con ‘un popolo martoriato’. Gli siamo grati per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità. La sua voce si fa carico dell’ansia profonda, talvolta inespressa, spesso inascoltata, dei popoli che hanno bisogno della pace. La guerra è una pandemia. Ci coinvolge tutti. Nel recente viaggio in Ungheria, si è interrogato: ‘Dove sono gli sforzi creativi di pace?’. Lasciamoci inquietare da questa domanda, perché non rimanga solo la logica spietata del conflitto. Papa Francesco constata il deterioramento delle relazioni internazionali”. Per il porporato quella di Bergoglio “è un’analisi che ci interroga. Per noi la pace non è solo un auspicio, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina – come il segno di pace – dall’Eucaristia e dal Vangelo. La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti. Durante la seconda guerra mondiale la Chiesa era tra la gente e sul territorio”.

Il porporato si è richiamato anche al 60esimo anniversario dell’enciclica-testamento di san Giovanni XXIII, Pacem in terris. Roncalli, come ha ricordato Zuppi, “visse due guerre mondiali e attualizzò con efficacia il messaggio pacifico della fede” con quel documento, “cominciando a rivolgersi agli ‘uomini di buona volontà’. Siamo – ha aggiunto il cardinale – il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest. Lo siamo – mi sembra – per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo. Come cristiani italiani, con il Papa, siamo chiamati a una fervente e insistente preghiera per la pace in Ucraina e perché ‘si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace’. Preghino tutte le nostre comunità intensamente per la pace! L’impegno di intercessione cambia la storia, come diceva Giorgio La Pira. C’è una cultura di pace tra la gente da generare e fortificare. Tante volte l’informazione così complessa spinge all’indifferenza, a essere spettatori della guerra ridotta a gioco. La solidarietà – ha concluso Zuppi – con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace”.

Twitter: @FrancescoGrana

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