La Terra ha già superato diversi ‘limiti di sicurezza‘ per gli esseri umani, in modo particolare in Medio Oriente, Asia Sud-occidentale ed Europa orientale. Questi limiti non riguardano solo l’aumento della temperatura, ma anche la disponibilità di acqua dolce, la distruzione degli habitat e della biodiversità, l’uso del suolo. Per la precisione, sette degli otto ‘confini planetari’ a cui stanno lavorando da circa quindici anni i ricercatori della Earth Commission, team globale di scienziati, sono già stati oltrepassati. Questo gruppo di studiosi è partito con l’obiettivo di identificare i principali sistemi terrestri a rischio di instabilità a causa dell’attività umana e determinare i limiti di quello che hanno definito uno “spazio operativo sicuro” per la civiltà. In altre parole, capire quanta pressione ancora potessero subire alcuni di questi sistemi prima che la Terra smettesse di essere un ambiente sicuro per l’umanità. L’ultimo aggiornamento della ricerca, a cui hanno lavorato 51 autori, è stato pubblicato sulla rivista Nature e spiega quali di questi ‘limiti’ sono stati superati in zone a rischio, indicando una concreta minaccia per la salute degli esseri umani e del pianeta. A guidare il gruppo di ricerca Johan Rockström dell’Istituto tedesco di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico, nonché co-fondatore della Earth Commission. “Gli effetti vanno oltre le ondate di caldo, la siccità e le inondazioni – ha spiegato – e riguardano anche la minore sicurezza alimentare, il peggioramento della qualità dell’acqua, il peggioramento delle condizioni di sussistenza, in particolare tra le vaste maggioranze vulnerabili nel mondo. Non è solo il clima a causare rischi di sfollamento, migrazione e potenziali conflitti, è la totalità di questi sistemi che violano i confini sicuri e giusti”.

Clima, per gli scienziati il limite di Parigi è troppo rischioso – Tra i limiti più importanti già superati quello dell’aumento della temperatura superficiale media globale rispetto ai livelli preindustriali. Per gli scienziati è fissato a 1° al di sopra dei livelli preindustriali, ma in realtà è già a 1,2 gradi oltre quella soglia. “Il limite di riscaldamento di 1,5°C sancito dall’Accordo di Parigi – spiegano gli scienziati – è troppo alto”. Arrivando a quell’aumento di temperatura “più di 200 milioni di persone, per lo più comunità povere, vulnerabili ed emarginate, dovranno affrontare un caldo senza precedenti, mentre oltre 500 milioni potrebbero essere esposte a innalzamenti del livello del mare a lungo termine”. Il problema è che l’obiettivo di ideale di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 1°C è già fuori portata. E allora, secondo gli autori, i paesi dovranno affrontare le conseguenze: “Saranno necessari adattamenti e compensazioni per ridurre la sensibilità al danno e alla vulnerabilità”. Ed è per questo che chiedono un risarcimento internazionale per le “perdite e i danni” legati al clima dei paesi più poveri, come concordato durante i colloqui sul clima delle Nazioni Unite dello scorso anno.

Gli altri ‘confini’ superati: dall’acqua alla biodiversità – Ma quello legato all’aumento della temperatura non è l’unico confine superato. A causa delle attività umane, ha raggiunto il 34% (avrebbe dovuto essere pari allo 0%) la percentuale di superficie terrestre in cui il flusso naturale del corso d’acqua è stato alterato di oltre il 20%, mentre è salita al 47% quella con bacini fluviali che estraggono più acque sotterranee di quelle che vengono reintegrate ogni anno. Anche in questo caso l’obiettivo era restare allo 0%). Se gli scienziati ritengono che almeno il 50-60% della superficie terrestre dovrebbe essere coperta da ecosistemi naturali in gran parte intatti, quella percentuale è tra il 45-50%. E se l’obiettivo era mantenere, a livello locale, almeno il 20% di ogni chilometro quadrato del pianeta (superficie urbana e agricola) come habitat seminaturale, solamente il 36% della superficie terrestre rispetta questo limite. Superati anche i limiti annuali di eccesso di azoto e fosforo: per l’azoto il limite era di 57 milioni di tonnellate, ma si è arrivati a 119 milioni, mentre per il fosforo il tetto massimo era di 4,5-9 tonnellate, ma si è già a 10. “L’azoto e il fosforo provenienti dalle fattorie – raccontano gli autori – si riversano nei corsi d’acqua e causano ‘zone morte’ prive di ossigeno nei fiumi e nei mari, con conseguenze anche per l’acqua potabile in alcune aree”. L’uso dell’azoto come fertilizzante, spiegano gli scienziati, dovrebbe dimezzarsi per ridurre la crescita eccessiva di piante e fioriture algali sulle acque superficiali e per ridurre le emissioni di ammoniaca e ossido di azoto. “I risultati della nostra analisi sono piuttosto preoccupanti: all’interno dei fattori analizzati, diversi confini, su scala globale e locale, sono già stati superati” ha spiegato Rockström.

I concetti di giustizia ed equità – Il nuovo lavoro si basa non solo sulla precedente ricerca sui confini planetari, ma anche su altre valutazioni legate alla vulnerabilità sociale e al cambiamento sistemico, inclusi gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. L’analisi, infatti, include per la prima volta anche parametri come giustizia ed equità. “La giustizia è una necessità per la vita degli esseri umani sulla Terra: prove schiaccianti mostrano che un approccio giusto ed equo è essenziale per la stabilità planetaria” ha commentato Joyeeta Gupta dell’Università di Amsterdam e dell’Istituto per l’educazione sull’acqua di Delft. Gupta è uno degli autori dello studio guidato da Rockström. Nell’analisi si affronta il tema dei criteri di giustizia, analizzando la situazione per milioni di persone a rischio oggi, miliardi di persone che arriveranno in futuro e per le innumerevoli specie ed ecosistemi del mondo.

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