Un male estremamente debilitante e potenzialmente fatale. Un vero e proprio incubo per chi ne soffre e per i suoi cari. Si tratta della distrofia muscolare di Duchenne (DMD) una patologia pediatrica, neuromuscolare, ereditaria che porta ad una forte debolezza e atrofia muscolare, coinvolgendo i principali muscoli del corpo del paziente affetto. Ora un trattamento, la terapia genica, che ha sollevato grandi speranze sembra arrivata a un punto di svolta negli Usa, ma su suoi effettivi benefici si addensano grandi dubbi.

Entro il 22 giugno la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti dovrebbe completare la revisione di un trattamento di questo tipo sviluppato da Sarepta Therapeutics e tendenzialmente garantirne l’approvazione. Ma la terapia è riuscita a passare il vaglio di un comitato consultivo della FDA solo con fatica, con molti membri che si sono detti non convinti che possa funzionare. Un caso emblematico dei chiaroscuri della faccenda e che ha fatto il giro del mondo è quello del piccolo Conner Curran affetto da questo morbo. Conner cinque anni fa è stato sottoposto ad una terapia genica sperimentale, che ha previsto l’infusione di miliardi di virus che trasportavano un gene muscolare per sostituire quello mutante all’origine della malattia. Nel giro di 2 mesi il ragazzo del Connecticut è passato dal trascinarsi per terra a “volare in alto”, secondo le parole di sua madre, Jessica Curran riportate da Science.

Nel 2020 Pfizer pubblicava dei risultati preliminari secondo cui altri sei bambini trattati con una terapia similare a quella di Conner avevano fatto progressi nella lotta alla patologia. Da allora gli studi sono andati avanti con successi ma anche seri eventi avversi. La famiglia di Conner in particolare e i ricercatori speravano che non avrebbe mai avuto bisogno di un’altra infusione di geni. Ma gli effetti del trattamento sperimentale hanno iniziato poi a svanire. Al momento si sta valutando se sia possibile e soprattutto sicuro sottoporre il bambino a un’altra fase di cura. Già perché al di là dei problemi di durata, questi trattamenti sembrano presentare rischi non trascurabili. In particolare fa riflettere la tossicità delle alte dosi dei presunti virus adeno-associati (AAV) benigni utilizzati per fornire trattamenti genetici nelle cellule muscolari. Aziende e laboratori stanno cercando di sopprimere la risposta immunitaria del corpo agli AAV, il che potrebbe ridurre i rischi. L’immunosoppressione potrebbe anche consentire ai pazienti trattati in precedenza di “beneficiare di nuove terapie AAV ancora migliori”, afferma la ricercatrice sulla distrofia muscolare Melissa Spencer dell’Università della California, Los Angeles (UCLA). Jessica Curran spera che questi miglioramenti arrivino presto e consentano a suo figlio di ottenere un altro potenziamento genetico. “Dobbiamo capire questo problema degli anticorpi”, ha dichiarato. “Perché questi bambini avranno tutti bisogno di nuovo della terapia genica”. A causa di una mutazione nel gene della distrofina, i pazienti affetti da DMD mancano di copie funzionanti dell’enorme proteina che funge da ammortizzatore all’interno delle cellule delle fibre muscolari. Senza di esso, le cellule muscolari si danneggiano e muoiono gradualmente. I pazienti di solito finiscono per usare una sedia a rotelle all’età di 12 anni e soccombono a problemi cardiaci o respiratori all’età di 30 anni.

Gianmarco Pondrano Altavilla

L’articolo su Science

Foto dal profilo Facebook di Jessica Curran

Articolo Precedente

Così l’intelligenza artificiale ha imparato a “prevedere” i pensieri, lo studio su Nature. I ricercatori: “Non è una lettura della mente”

next