Uno strano filo, fatto di consuetudine e singolare intesa, sembra aver unito, prima e dopo la scoperta del colossale inquinamento da Pfas in Veneto, l’azienda Miteni di Trissino (Vicenza), considerata la causa principale dell’avvelenamento della falda, e lo Spisal di Vicenza. Quest’ultimo è il servizio di prevenzione igiene e sicurezza dell’Ulss 8 Berica (che all’epoca aveva il numero 5), dipendente dalla Regione Veneto, competente sul controllo negli ambienti di lavoro. La documentazione inedita che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare ha contenuti dirompenti. Perché dimostra che Spisal era informata dei livelli di Pfas presenti nel sangue dei lavoratori, tuttavia non erano stati effettuati controlli tali da individuare criticità nella gestione dei reparti e quando il pubblico ministero chiese informazioni, la produzione fu “una scarna relazione”. Le mail sono una quindicina e risalgono al periodo che va dall’aprile 2016 al gennaio 2017. Furono mesi cruciali, perché allora divennero di pubblico dominio i dati sulla presenza di Pfas nel sangue dei cittadini veneti.

La scoperta degli alti valori di Pfas negli acquedotti del Veneto avvenne nel 2013. Il 30 maggio di quell’anno il ministero dell’Ambiente informò la Provincia e l’Arpa di Vicenza. La Regione Veneto si mosse in agosto. Nel 2014 la Procura di Vicenza individuò la Miteni come possibile fonte dell’inquinamento. Intanto furono individuati i Comuni della “zona rossa”, dove l’acqua portatrice delle sostanze perfluoroalchiliche sgorgava direttamente dai rubinetti di casa attraverso l’acquedotto. Per questo servivano approvvigionamenti alternativi. Come ha denunciato recentemente anche Greenpeace, gli accertamenti della Regione ebbero un andamento lento. Finalmente, il 13 aprile 2016 vennero consegnati dall’Istituto Superiore di Sanità alla Direzione Sanità della Regione Veneto i referti delle analisi del sangue di allevatori e agricoltori della zona rossa. Dati allarmanti, con valori mediani di Pfoa nel sangue pari a 159,0 nanogrammi per millilitro e pozzi d’irrigazione con una contaminazione che raggiungeva i 15mila nanogrammi per litro di Pfoa.

“Caro Gianni…” – Il 12 aprile 2016 da Spisal Vicenza parte una richiesta al medico Giovanni Costa. “Caro Gianni, ti allego una richiesta che arriva dalla Regione. Non riguarda direttamente Miteni… ci sarebbe utile anche una nota sommaria sull’andamento del biomonitoraggio Pfas dei lavoratori negli ultimi anni”. Il 30 marzo precedente, la dottoressa Giovanna Frison, della Sezione prevenzione e sanità pubblica, dopo le scoperte relative ai depuratori a valle della Miteni, chiedeva infatti “la verifica dei livelli di esposizione dei lavoratori delle aziende che utilizzano Pfas nell’ambito dei cicli produttivi, mediante l’acquisizione dei dati di sorveglianza sanitaria dei medici competenti”.

“Temo succederà un casino” – Una settimana dopo Costa invia a Spisal i dati di Pfoa e Pfas del 2013-15. Risposta della direzione Spisal, il 19 aprile 2016: “Domani l’Istituto Superiore di Sanità porterà i dati sul biomonitoraggio della popolazione, tempo succederà un casino. Ti terrò informato. Ciao”. Il 20 aprile, infatti, l’Iss comunica gli esiti sulla popolazione, un dato che riguarda almeno 250 mila persone. L’assessore regionale leghista Luca Coletto annuncia: “I veneti sono la vera parte lesa di questo inquinamento”.

“Valori di 1.000 volte inferiori a quelli dei lavoratori” – Le mail delineano uno spaccato sconcertante. Il 20 aprile Costa chiede al direttore Spisal: “Mi interessa molto conoscere i dati sulla popolazione”. Il 21 aprile, poco dopo l’alba, arriva la risposta: “Ieri l’Iss ci ha solamente mostrate le slides, non appena avremo copia te le manderò. Mi pare che i valori più elevati misurati nella popolazione degli ‘esposti’ (al consumo di acqua inquinata, ndr) siano 100 o 1000 volte minori di quelli dei lavoratori Miteni”. Con un’aggiunta ambigua di Spisal, visto che la Regione aveva annunciato uno studio epidemiologico, con almeno dieci anni di tempo per capire la gravità della contaminazione nell’organismo: “Immagino che comunque sarà molto complicato spiegare ai soggetti testati che il valore di Pfas rilevato non ha alcuna influenza sul loro stato di salute. In questo contesto i dati dei tuoi lavoratori potrebbero servire per ‘tranquillizzare’”. Strano sarcasmo sulla pelle dei dipendenti Miteni. Sembra che la preoccupazione di Spisal sia l’allarme sociale, non il danno biologico effettivo per i cittadini, comunque inferiore a quello già accertato sui lavoratori. C’è un’ulteriore precisazione, riferita al direttore generale della sanità veneta, Domenico Mantoan, vicentino: “Mantoan ha detto ai giornalisti che a lui hanno trovato 250 nanogrammi/grammo. Ciao”.

“Massima riservatezza…” – Che i rapporti tra Spisal e Miteni siano molto confidenziali lo dimostra, il 27 aprile 2016, una lettera inviata a Costa, nella tana del lupo, ovvero alla società sospettata dell’inquinamento: “Caro Gianni, come previsto l’arrivo dei dati dell’Iss ha surriscaldato parecchio l’ambiente. Ti allego le tabelle di Iss con preghiera di massima riservatezza, più avanti ti farò avere anche dati suddivisi per comuni, genere e età. In cambio, a seguito di pressanti richieste da massimi livelli regionali ti chiederei di avere una copia della tua relazione su Miteni che mi hai già mandato, con la tua firma… Ciao, attendo trepido…”. I dati sui lavoratori della Miteni esposti alle sostanze dimostrano livelli nel sangue di Pfoa che nel 2013, 2014 e 2015 avevano raggiunto punte massime di 37.351, 35.052 e 31.447 nanogrammi per millilitro, con una media superiore ai 4.000 nanogrammi nel 2013. Nel 2012 si erano raggiunti però livelli massimi di 47.157 nanogrammi.

“Indagini su tutti i lavoratori” – Il meccanismo dei controlli è avviato dalla Regione Veneto, seppure a tre anni di distanza dalla scoperta delle acque inquinate. Nel maggio 2016, Enzo Merler, del Registro regionale veneto dei casi di mesotelioma, chiede di effettuare “un primo studio epidemiologico di coorte sulla mortalità e incidenza di patologie dei dipendenti della ditta Miteni che ha prodotto Pfoa dal 1968 fino ad anni recenti”. Cita una pubblicazione del dottor Costa, riferita al 2000-2007 (pubblicata nel 2009), con i livelli Pfoa registrati nel siero dei lavoratori, a dimostrazione che la situazione fosse già di pubblico dominio da sette anni. Il direttore generale della sanità, Domenico Mantoan, lo autorizza invitandolo a prendere contatto con l’Ulss 5 di Vicenza. Le trattative con Miteni, mediate da Spisal, sono un po’ laboriose. Merler ha fretta di consultare i documenti riguardanti i lavoratori, che poi costituiranno i dati che hanno portato all’inchiesta su morti e malattie professionali della Miteni. Spisal rallenta. Mail del 18 agosto 2016: “Caro Gianni, scusa il disturbo, ma probabilmente lunedì mi ritelefonerà il nostro Enzo (Merler, ndr) per avere notizie sull’elenco dei lavoratori Miteni da te visitati dall’inizio della tua consulenza. Fino ad ora l’ho stoppato dicendogli che fino a Ferragosto non avrei sollecitato nessuno. Se sei in vacanza, non ti preoccupare. L’Enzo se vuole lavorare ha già l’elenco inviato da Miteni”. Risposta di Costa: “Ora sono in vacanza in Cambogia… prima di partire ho inviato il tutto (sono diversi files) al dottor Drusian (procuratore con delega alla sicurezza, ndr) perché te li inviasse da parte dell’azienda… gli mando una mail e verifico… comunque credo di averli nel computer che ho con me…”. Replica di Spisal: “Stai tranquillo, non c’è nessuna urgenza. Ciao e buone vacanze”.

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