Sempre meno medici di famiglia e il 42,1% supera il tetto massimo di 1.500 pazienti. “Una desertificazione che lascerà scoperte milioni di persone”. La Fondazione Gimbe, elaborando i dati del ministero della Saluta, calcola che i camici bianchi mancanti siano quasi 2.900 ed ed entro il 2025 ne perderemo oltre 3.400. Pochi medici per troppi pazienti riduce inevitabilmente “la qualità dell’assistenza”. “L’allarme sulla carenza dei medici – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione – oggi riguarda tutte le Regioni per ragioni diverse: mancata programmazione, pensionamenti anticipati, medici con numeri esorbitanti di assistiti e desertificazione nelle aree disagiate che finiscono per comportare l’impossibilità di trovare un medico di medicina generale nelle vicinanze del domicilio, con conseguenti disagi e rischi per la salute”. L’analisi ha incontrato “tre ostacoli principali. Innanzitutto, i 21 differenti Accordi Integrativi Regionali introducono una grande variabilità del massimale di assistiti; in secondo luogo, su carenze e fabbisogni è possibile effettuare solo una stima media regionale, perché la reale necessità di medici viene determinata da ciascuna Asl sugli ambiti territoriali di competenza; infine, la distribuzione non uniforme degli assistiti in carico ai medici può sovra- o sotto-stimare il loro reale fabbisogno in relazione alla situazione locale”.

Massimale di assisiti – Il numero massimo di assistiti, ricorda Gimbe, è fissato a 1.500 e in alcuni casi può arrivare fino a 1.800 assistiti, ma molto spesso questo numero viene superato attraverso deroghe disposte dagli accordi integrativi regionali (esempio fino a 2.000 nella Provincia Autonoma di Bolzano) e altre deroghe. Parallelamente, altre motivazioni possono determinare un numero inferiore di assistiti. “I dati Agenas per l’anno 2021 documentano infatti che su 40.250 medici di medicina generale il 42,1% ha più di 1.500 assistiti; il 36,7% tra 1.001 e 1.500 assistiti; il 13,6% da 501 a 1.000; il 6,2% tra 51 e 500 e l’1,4% meno di 51. In particolare, il massimale di 1.500 assistiti viene superato da più di un medico su due in Campania (52,7%), Valle d’Aosta (58,2%), Veneto (59,8%) e da quasi due su tre nella Provincia Autonoma di Bolzano (63,7%), in Lombardia (65,4%) e nella Provincia Autonoma di Trento (65,5%) “con ovvia riduzione della qualità dell’assistenza – commenta Cartabellotta – accendendo “spie rosse” su varie Regioni in relazione a tre criticità: la reale disponibilità di MMG in relazione alla densità abitativa, la capillare distribuzione territoriale e la possibilità per i cittadini di esercitare il diritto della libera scelta”.

Trend 2019-2021 e anzianità di laurea – Dal recente Rapporto Agenas sui medici – sottolinea Gimbe – emerge innanzitutto una progressiva diminuzione di quelli in attività: nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4%) con notevoli variabilità regionali. “Ma è soprattutto il quadro anagrafico a preoccupare – commenta Cartabellotta – visto che nel 2021 il 75,3% dei MMG in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali locali che non sempre hanno favorito il ricambio generazionale”. In alcune Regioni meridionali la fascia dei camici bianchi più anziani arriva a superare l’80%: Calabria (88,3%), Molise (83,2%), Campania (82,7%), Sicilia (82,6%), Basilicata (82,1%).

Numero di assistiti – Al 1°gennaio 2022 i 39.270 medicini avevano in carico oltre 51,3 milioni di assistiti. In termini assoluti, la media nazionale è di 1.307 assistiti: dai 1.073 della Sicilia ai 1.461 del Veneto, ai 1.466 della Lombardia, fino ai 1.545 della Provincia Autonoma di Bolzano “Tuttavia lo scenario – precisa Cartabellotta – è molto più critico di quanto lascino trasparire i numeri: infatti, con questo livello di saturazione vengono meno il principio della libera scelta e la distribuzione capillare dei medici in relazione alla densità abitativa. Di conseguenza, è spesso impossibile trovare disponibilità di un medico vicino casa, non solo nelle cosiddette aree desertificate (zone a bassa densità abitativa, con condizioni geografiche disagiate, rurali e periferiche) dove i bandi per gli ambiti territoriali carenti vanno spesso deserti, ma anche nelle grandi città”. Per Gimbe ritenendo accettabile un rapporto di un medico igni 1.250 assistiti si stima una carenza di 2.876 camici bianchi con situazioni più critiche nelle grandi Regioni del Nord: Lombardia (-1.003), Veneto (-482), Emilia Romagna (-320), Piemonte (-229), oltre che in Campania (-349).

Proiezione al 2025 – Tenendo conto dei pensionamenti attesi e delle borse di studio per il Corso di Formazione in Medicina Generale, i dati Agenas (dove mancano le stime per la Provincia Autonoma di Bolzano) dimostrano che nel 2025 il numero dei medici diminuirà di 3.452 unità rispetto al 2021, con nette differenze regionali. In particolare saranno alcune Regioni del Centro-Sud nel 2025 a scontare la maggior riduzione: Lazio (-584), Sicilia (-542), Campania (-398), Puglia (-383). “L’entità della riduzione stimata da Agenas – conclude Cartabellotta – è peraltro sottostimata per almeno due ragioni: innanzitutto, non tiene conto che i medici attualmente iscritti al Corso di Formazione in Medicina Generale possono acquisire già durante la frequenza del corso sino a 1.000 scelte; in secondo luogo perché molti MMG vanno in pensione prima dei 70 anni”.

“La progressiva carenza di MMG – conclude Cartabellotta – consegue sia ad errori di programmazione per garantire il ricambio generazionale, in particolare la mancata sincronia per bilanciare pensionamenti attesi e finanziamento delle borse di studio, sia a politiche sindacali non sempre lineari. Ed è evidente che le soluzioni “tampone” attuate dal Governo con il Decreto Milleproroghe (innalzamento dell’età pensionabile a 72 anni) e dalle Regioni (aumento del massimale) servono solo a nascondere la polvere sotto il tappeto, senza risolvere la progressiva carenza dei MMG. In tal senso è necessario mettere in atto una strategia multifattoriale: adeguata programmazione del fabbisogno, tempestiva pubblicazione da parte delle Regioni dei bandi per le borse di studio, attuazione di modelli organizzativi che valorizzino il lavoro in team, piena implementazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Case di comunità, Ospedali di Comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), allineamento degli accordi sindacali ai reali bisogni della popolazione. Perché guardando ai numeri, accanto alla carenza già esistente, le previsioni dimostrano che i medici di famiglia saranno sempre meno nei prossimi anni. Una “desertificazione” che lascerà scoperte milioni di persone con conseguenze sempre più rilevanti per l’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute della popolazione, in particolare gli anziani e i fragili”.

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