Nuova raffica di procedure di infrazione e messe in mora nei confronti dell’Italia per una serie di violazioni mai risolte delle norme Ue, da quelle sui lavoratori stagionali sfruttati fino al lavoro precario anche di insegnanti e operatori sanitari nel settore pubblico, passando per le regole sui ritardi di pagamento della pa e la normativa antiriciclaggio. Roma ha ora due mesi per rispondere alle argomentazioni dell’esecutivo Ue.

La Commissione Ue ha avviato tra il resto una procedura per non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali, volta ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una tutela sufficiente dallo sfruttamento. “Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare“, evidenzia Bruxelles.

L’Italia torna anche nel mirino per le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico e l’abuso dei contratti a tempo determinato che sta peraltro minando la messa a terra del Pnrr. Bruxelles ha inviato a Roma un parere motivato, secondo passo della procedura avviata nel luglio 2019 seguita da un’ulteriore lettera di costituzione in mora nel dicembre 2020. La normativa italiana “non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico”, è l’accusa. Secondo la valutazione Ue, queste garanzie non sono pienamente applicate in Italia per “diverse categorie di lavoratori del settore pubblico”, inclusi “insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole pubbliche, operatori sanitari, lavoratori del settore dell’educazione artistica, musicale e coreutica superiore, personale dell’opera, personale degli istituti pubblici di ricerca, operatori forestali e personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco brigata“. “Alcuni di questi lavoratori – ammonisce ancora l’esecutivo comunitario – hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, il che costituisce una discriminazione ed è contrario al diritto dell’Ue”. Sebbene Roma abbia fornito spiegazioni in merito alle proprie norme nazionali, Bruxelles ha ritenuto che “non fossero soddisfacenti“, decidendo così di proseguire con il parere motivato.

Italia, Lettonia e Portogallo sono poi sotto procedura per il mancato corretto recepimento della direttiva Ue in materia di antiriciclaggio. I tre Paesi “avevano notificato il pieno recepimento” delle norme comunitarie, ma la Commissione “ha individuato diversi casi” di “mancata conformità” su aspetti ritenuti “fondamentali” – come, nel caso dell’Italia, “la licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi” -, decidendo pertanto di inviare alle autorità nazionali una lettera di messa in mora. “Le norme antiriciclaggio sono uno strumento importante nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Le lacune legislative di uno Stato membro si ripercuotono sull’insieme dell’Ue”, evidenzia Bruxelles in una nota, esortando i Paesi ad “attuare le norme” in modo “controllato” ed “efficiente” per “combattere la criminalità e proteggere il sistema finanziario” Ue. Roma, Riga e Lisbona dispongono ora di due mesi per rispondere ai rilievi di Bruxelles e adottare le misure necessarie, oppure potrebbero essere deferite alla Corte di giustizia Ue.

Bruxelles ha anche messo in mora l’Italia perché non garantisce la conformità alla direttiva sui ritardi di pagamento per quanto riguarda il settore sanitario nella Regione Calabria. La legge italiana costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento perché proroga oltre i termini previsti dalla direttiva il termine di pagamento per i debiti delle amministrazioni pubbliche. La Commissione ha inoltre deciso di inviare un parere motivato all’Italia a seguito della mancata inclusione del noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche nelle indagini penali nella definizione di transazioni commerciali prevista nella normativa nazionale. Escludendo quelle operazioni, le imprese interessate non possono beneficiare della tutela accordata dalla direttiva. Ci sono due mesi per rispondere alle argomentazioni formulate dalla Commissione, poi l’Ue potrà decidere di inviare un parere motivato o di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue.

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