Lo scenario da incubo del Sudan si sta avverando. Jet da combattimento urlano sopra Khartoum, la capitale, lanciando razzi contro una città abitata da milioni di abitanti. Sbarramenti di artiglieria si sono abbattuti sul Quartier Generale dell’esercito, riducendolo a una torre di fiamme. Aerei civili sono stati bombardati all’aeroporto che si trova nel cuore della capitale e bruciano da giorni. Il Paese cammina sul filo del rasoio ormai da quattro anni, aggrappandosi disperatamente al sogno della rivoluzione popolare del 2019, quando i manifestanti hanno rovesciato un brutale dittatore e ispirato dolci speranze di democrazia. Ma due generali assetati di potere dominano ancora il Sudan. E quando lo scontro fra il generale Abdel Fattah al Burhan, capo della giunta militare, e il suo vice e capo delle milizie paramilitari RSF Mohammed Hamdan Dagalo è sfociato nella guerra per le strade questo fine settimana, è iniziata una discesa a perdifiato che sembra essere la realizzazione delle peggiori angosce per un intero popolo.

L’esercito sudanese sembra aver preso il sopravvento sulle forze paramilitari rivali, colpendo le loro basi con attacchi aerei a Omdurman, la città gemella di Khartoum al di là del Nilo, e sui distretti di Kafouri e Sharg El-Nil dell’adiacente Bahri, mettendo in fuga i combattenti delle RSF. L’esercito ha anche ripreso il controllo su gran parte del palazzo presidenziale di Khartoum dopo che entrambe le parti avevano affermato di controllarlo e altre installazioni chiave a Khartoum. Miliziani delle RSF sono rimasti all’interno dell’aeroporto internazionale della capitale, assediati dall’esercito che si è trattenuto dal colpirli per evitare di provocare altri gravi danni all’aerostazione e agli aerei ancora sulle piste. Il Pam, dopo l’uccisione di tre suoi dipendenti in Darfur, ha sospeso le sue attività in Sudan, con conseguenze immaginabili.

Con la guerra per le strade e senza la distribuzione di alimenti alla popolazione – il Programma alimentare mondiale assiste oltre 15 milioni di sudanesi – a breve cominceranno i saccheggi, le razzie, le rapine, nelle aree più prospere della capitale e nelle campagne Questione di giorni, forse di ore. Un serio problema, raccontano testimoni e residenti, è posto da migliaia di membri di RSF pesantemente armati dispiegati all’interno dei quartieri di Khartoum e di altre città, senza alcuna autorità in grado di controllarli. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha rilasciato una dichiarazione, rara dall’invasione russa dell’Ucraina dello scorso anno, condannando le violenze ed esortando entrambe le parti a riprendere i colloqui. Ma i generali in guerra del Sudan non sembrano ascoltare.

I combattimenti in Darfur hanno aggiunto un altro elemento combustibile al conflitto. Il Darfur ospita diversi gruppi ribelli che potrebbero essere risucchiati nella lotta, ed è anche una base per la compagnia militare privata russa Wagner, che vi estrae oro ed è alleata del generale Hamdan. Sebbene il Sudan abbia vissuto numerose guerre nei suoi 67 anni di storia, per quanto disastrose, si sono svolte principalmente nella periferia del Paese, a centinaia di chilometri dalla capitale. Raramente hanno colpito direttamente Khartoum. Le scene caotiche di combattimenti con carri armati, mitragliatrici montate su camion, artiglieria e aerei da guerra nelle aree densamente popolate della capitale sono senza precedenti. I diversi colpi di stato nella storia del Sudan sono stati affari di breve durata, di solito il prodotto di lotte ideologiche e politiche all’interno della classe ufficiale sudanese. Nessuno aveva mai assistito agli aerei da guerra che bombardano la propria capitale.

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