L’emergenza climatica si sta facendo sempre più evidente, ma questo non sembra né velocizzare i tempi di riconversione né indirizzare le scelte politiche di investimento verso fonti rinnovabili di energia in quei paesi ancora dipendenti da fonti fossili. Inoltre, l’attuale crisi energetica dei prezzi scoraggia gli investimenti in rinnovabili e tecnologie green, a causa della minore disponibilità di risorse finanziarie.

Il Report sulla siccità “Drought in Europe”, pubblicato dal Joint Research Centre Global Drought Observatory (GDO) of the Copernicus Emergency Management service (CEMS) della Commissione Europea a marzo 2023, allerta riguardo “le anomalie dell’umidità del suolo e del flusso dei fiumi dovute ad un inverno estremamente secco e caldo”.

La figura sottostante (tratta dal report) mostra l’indice dell’umidità del suolo (SMI) a fine febbraio 2023 in Europa. Possiamo notare che vaste regioni in Turchia, Romania, Grecia, Albania, Nord e Centro Italia, Francia, Regno Unito e Irlanda in particolare e aree meno vaste in Svezia, Finlandia, Spagna, Polonia, Svizzera e Nord Africa sono caratterizzate da un indicatore di umidità del suolo più secco del normale (SMI al di sotto del valore -2).

Le figure qui riportate mostrano lo Standardized Precipitation Index (SPI) calcolato rispetto a periodi cumulati di 12,3 e 1 mesi ed il livello delle temperature al 20 dicembre 2022 e al 28 febbraio 2023. Possiamo notare che le aree caratterizzate da anomali livelli di siccità sono anche le aree caratterizzate da una bassa percentuale di precipitazioni e di temperature più alte da 3° a 6° o oltre i 6°.

Il governo italiano sta redigendo un decreto legge sull’emergenza siccità, per poter pianificare interventi strutturali nel medio e lungo periodo e la possibilità di intervenire sul territorio nel breve periodo grazie alla nomina di un commissario ad hoc. Seppur necessario, questo intervento è solo una toppa all’emergenza climatica, che necessita invece di investimenti ingenti e tempestivi per la riconversione del sistema produttivo.

Nonostante le regolamentazioni del Pnrr, per cui i Paesi beneficiari debbano stanziare almeno il 37% delle risorse per la transizione climatica, l’attuazione di tali investimenti sembra andare a rilento e assistiamo a scelte in contrasto con la transizione energetica, come la riapertura del rigassificatore di Piombino. Colpa dello shock dei prezzi dell’energia? Colpa del conflitto in Ucraina?
Nella figura sottostante mostriamo l’andamento della fornitura di energia rispetto alle fonti di approvvigionamento in Germania, Slovacchia, Spagna, Italia e Svezia [1] tra il 1990 ed il 2020. Tranne che per la Svezia, la fornitura energetica di Germania, Slovenia, Spagna e Italia dipende per un 25% circa dal gas naturale nel 2020.

Come scrivono Demostenes Floros e Stefano Fantacone nel libro Crisi o transizione energetica? Come il conflitto in Ucraina cambia la strategia europea per la sostenibilità, la pandemia ha posticipato l’obiettivo di riduzione di dipendenza dal gas naturale per l’Europa dal 2021 al 2024. Allo stesso tempo, il gas naturale è la fonte fossile meno inquinante. Quindi, prima del conflitto continuare ad importare gas naturale dalla Federazione Russa sembrava essere una scelta logica, oltre ai vantaggi di costo e alle considerazioni politiche relative all’opportunità per l’Europa di mantenere i contratti di importazione. Lo shock dei prezzi dell’energia importata ha danneggiato la ripresa postpandemica e scoraggiato investimenti in fonti rinnovabili, per cui nel 2021 si è osservato un aumento dei prezzi del gas del 69% negli Stati Uniti, del 101% in Cina ed India, del 135% in Germania e del 181% in Italia (p. 24 del volume, vedi grafico sotto).

Secondo gli autori, però, non è stato il conflitto in Ucraina la causa primaria dello shock energetico (osserviamo i primi aumenti dei prezzi nel 2021, un anno prima del conflitto). Piuttosto, la strategia europea non ha saputo rendere conveniente la transizione energetica sul mercato, per cui è stata la mancata riconfigurazione dei mercati tradizionali in risposta agli obiettivi della transizione climatica ad essere il fattore principale da incolpare per l’attuale crisi energetica.

Da una parte, abbiamo assistito all’aumento della domanda di gas naturale su tre piazze (Europa, Stati Uniti e Asia), accompagnato dalla fragilità del mercato di Amsterdam (Title Transfer Facility – TTF) nella determinazione dei prezzi. Dall’altra, i cambiamenti di configurazione di alleanze geopolitiche hanno impattato i mercati dell’energia. In particolare, l’Europa ha creduto di poter mantenere un forte potere di mercato nei confronti della Federazione Russa, che invece si è spostata sempre di più verso il mercato asiatico. Infatti, come evidenziato da Floros e Fantacone nel grafico sottostante (p.52 del volume), l’Europa insieme all’Asia è l’area geografica a dipendenza più alta di importazioni di fonti energetiche, entrambi importatori di gas naturale dalla Federazione Russa.

Quali sono oggi le condizioni ad un anno dal conflitto in Ucraina? Quali sono i principali interventi della strategia europea ad oggi? Che ruolo possono avere le tecnologie per una riconversione nel breve periodo e quale sarà l’impatto macro-economico? Ne discuteranno in un’ottica multidisciplinare il 17 aprile dalle 17.15 all’Università Cattolica di Milano Demostenes Floros, economista al Centro Europa Ricerche ed autore del libro già citato; Francesco Lamperti, professore di economia alla Scuola Superiore Sant’Anna e ricercatore allo European Institute on Economics and the Environment (EIEE); Annamaria Zaccaria, professionista del settore energetico e ricercatrice alla Fondazione Eni Enrico Mattei.

In un secondo articolo discuteremo le opinioni degli esperti e delle esperte emerse durante questo incontro, per provare a dare una risposta alle domande sulla transizione climatica.

[1] La scelta di questi paesi ricade nel fatto che riteniamo siano rappresentativi delle macro-aree europee, quindi Spagna ed Italia per i paesi Mediterranei ma che riportano contraddizioni tra loro, Germania come motore centrale dell’Unione Europea, Svezia come paese virtuoso e rappresentativo della Scandinavia e Slovenia, paese dell’est Europa.

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