Scontro tra il Comune di La Spezia e l’istituto Capellini – Sauro. A scatenare il conflitto è il regolamento “carriera alias” di cui la scuola si è dotata da quasi un anno. Nell’ultimo consiglio comunale della città ligure, lunedì scorso, la maggioranza ha approvato la mozione presentata dal consigliere del gruppo misto Fabio Cenerini che obbliga il primo cittadino a attivarsi per contattare e segnalare al competente Ufficio scolastico regionale e al Ministero la presenza di questa norma. Ad approvare il regolamento, a maggio del 2022, era stato il consiglio d’istituto su proposta del collegio docenti presieduto dal dirigente Antonio Fini, favorevole a questa novità.

Immediata era stata la reazione dell’associazione Pro Vita che aveva chiesto di sospendere le carriere alias. Ora però l’iniziativa è passata nella sede istituzionale dove 18 consiglieri (11 contrari) hanno sostenuto la tesi di Cenerini che ha sottolineato come nel regolamento di istituto non venga mai citata alcuna legge dello stato italiano a cui fare riferimento “ovviamente perché non esiste; soltanto all’articolo 9 si fa riferimento alla legge dello Stato e a quella europea, ma esclusivamente in materia di trattamento dei dati personali. Quindi l’istituto, come altri in Italia, per affermare le teorie gender, ha preso l’iniziativa di scavalcare le leggi del nostro Paese, andando verso un’idea dell’identità personale”. La maggioranza ha espresso la totale contrarietà al regolamento definendolo “in aperto contrasto con le normative vigenti in campo amministrativo, civile e potenzialmente anche penale”, poiché “l’amministrazione scolastica non ha alcun potere di modificare il nome anagrafico e l’identità legale di un individuo”.

A difendere a spada tratta la “carriera alias” è, invece, il preside Antonio Fini che contattato da ilFatto Quotidiano.it spiega: “In queste ore ho scritto una circolare a tutta la comunità scolastica e ai genitori per informarli della questione prima che la leggessero sui giornali locali e nazionali. Il nostro regolamento è simile a quello di circa altri duecento istituti e della totalità degli atenei. Nella mozione si è menzionata la teoria gender ma noi non ne parliamo proprio. Ciò che è stato approvato lo scorso mese di maggio è rivolto all’accoglienza delle persone: rispondiamo ai bisogni di ragazzi e ragazze che – ci tengo a ricordarlo – non sono obbligati a chiedere la carriera alias. Si tratta di abilitare delle possibilità, di tutelare i ragazzi, anche se fosse uno solo”.

Il preside ha pronta la riposta anche in merito alla legittimità dell’atto. “Sia chiaro che la sfera pubblica non è toccata. Per dirla con parole concrete: sul diploma appare il nome anagrafico. E’ una questione interna, il professore vede il nome elettivo di questa persona sul registro e lo chiama come l’allievo desidera. I gestori dei registri elettronici hanno persino già previsto il campo alias nelle transazioni interne”. Fini è persino ottimista: “Sono abituato a cercare qualcosa di buono, la segnalazione della mia scuola al ministero potrebbe essere la buona occasione per dire una parola di chiarezza”.

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