Il sostituto procuratore generale di Milano Massimo Gaballo ha chiesto la conferma in appello della sentenza di primo grado con cui il tribunale ha condannato a 6 anni di reclusione Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, rispettivamente presidente e amministratore delegato di banca Mps fra 2012 e 2015. Per Paolo Salvadori, a cui in primo grado erano stati inflitti 3 anni e mezzo, il pg ha chiesto la nullità della sentenza per incompetenza territoriale e il trasferimento a Siena degli atti. Alessandro Profumo è attualmente amministratore delegato di Leonardo, controllata al 30% dal ministero del Tesoro. Il pg Gaballo, oltre a chiedere la conferma anche dei 2,5 milioni di euro di multa sia per Viola sia per Profumo e della sanzione pecuniaria di 800 mila euro per Mps, ha proposto alla seconda Corte d’Appello, presieduta da Maria Rosaria Correra, di accogliere ai fini civilistici i ricorsi delle oltre duemila parti civili.

Al centro della vicenda c’è la presunta “erronea” e “persistente” erronea contabilizzazione nei conti della banca senese dei derivati Alexandria e Santorini (che erano stati sottoscritti con Deutsche Bank e Nomura dalla precedente gestione, quando presidente dell’istituto era Giuseppe Mussari, all’epoca anche presidente dell’Associazione bancaria italiana) come operazioni di pronti contro termine sui titoli di stato, e quindi a saldi aperti, e non come derivati, e quindi a saldi chiusi. Contabilizzazione avvenuta nel 2012, 2013 e 2014 e nella prima semestrale del 2015, quando Viola e Profumo erano ai vertici, per coprire le perdite derivanti dall’acquisizione di Antonveneta. Secondo il rappresentante dell’accusa, la “sentenza impugnata”, che risale all’ottobre 2020, “è esemplare per lucidità e completezza argomentativa, avendo smontato con certosina precisione” le tesi delle difese mentre ha definito “grottesca” la sentenza con cui in secondo grado è stato assolto il precedente management di Mps.

Secondo il sostituto procuratore generale, la “prudenza” delle autorità di controllo nel valutare la contabilizzazione, riferendosi a Consob e Bankitalia, sarebbe stata invece “una colpevole connivenza”. Inoltre Viola e Profumo, ha sostenuto in aula, “erano pienamente consapevoli della falsa contabilizzazione delle operazioni (…) fin dal loro ingresso in Mps” e anche perchè nei contratti “la parola derivato/i ricorreva 447 volte“. Riguardo alla contestazione di aggiotaggio “le comunicazioni” al mercato, “anche se non trattano specificamente delle operazioni Alexandria e Santorini, riportano dati dei bilanci falsi in conseguenza della falsa contabilizzazione delle predette operazioni”.

Intanto dal bilancio è emerso che sei società del gruppo Caltagirone hanno fatto causa alla banca chiedendo 741 milioni di euro di danni, l’equivalente delle perdite subite dagli investimenti in azioni compiuti tra il 2006 e il 2011, quando l’imprenditore romano aveva puntato 856 milioni sulla banca di cui era ai tempi vice presidente. La liquidazione della quota, arrivata ad un soffio del 5%, era stata avviata sul finire del 2011 e completata nei primi mesi del 2012, dopo che a gennaio Caltagirone si era dimesso, proprio nel periodo in cui si concludeva il regno di Mussari e Vigni, sostituiti poi da Profumo e Viola con l’incarico di risanare i conti, quell’anno in rosso per 4,7 miliardi. La richiesta danni è stata motivata con le informazioni scorrette che Mps avrebbe dato al mercato “fin dal 2006”, offrendo una “rappresentazione non veritiera” dei suoi conti, che hanno condizionato le strategie di investimento del gruppo Caltagirone. Le istanze del gruppo romano sono parte dei 5,8 miliardi di rischi legali che gravano su Siena, di cui 4,1 miliardi legati alla correttezza delle informazioni finanziarie. Dopo Caltagirone, le cause più consistenti sono quelle dei fondi Alken (434 milioni) e York (187 milioni) mentre la maggior parte delle richieste stragiudiziali, pari a 2,2 miliardi, sono di soggetti rappresentati dalla società Martingale Risk.

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