Il mite Errani ci crede, Italia e Francia non sono poi così lontane e come i cugini d’Oltralpe protestano per le pensioni, gli italiani saliranno sulle barricate per difendere un altro diritto fondamentale sotto attacco: quello al servizio sanitario pubblico universalistico. Per questo, insieme ad altri, ha promosso una petizione su Change.org che dal 10 marzo a oggi viaggia ormai spedita verso le 150mila firme. Destinatario: il ministro Orazio Schillaci. Due volte governatore dell’Emilia Romagna, presidente delle Conferenza delle Regioni, l’ex senatore Vasco Errani ha oggi quasi 70 anni, non ha incarichi pubblici ma non rinuncia all’impegno civico e politico che lo ha portato di recente a una serie di incontri sul tema del welfare sanitario con medici, infermieri, amministratori e cittadini. Lì è nata l’iniziativa con circa 60 firme di dare vita un “Movimento per la Salute Pubblica” che Errani immagina uscire presto dalla rete e prendere forma in comitati territoriali che aggreghino trasversalmente tutti coloro che ritengono sia arrivato il momento di “mettere in sicurezza la sanità pubblica”, scrollandosi di dosso l’idea che il privato possa supplire alle carenze mantenendo invariato il diritto universale alle cure.

Errani, a 150mila firme che farà?
Potrei andare “a piedi nudi nel parco”, come nel film. A parte le battute, credo molto in questa petizione come strumento per veicolare un messaggio che risvegli nei cittadini la consapevolezza di quel che hanno già perso e rischiano di perdere del tutto, e cioè il diritto ad avere una sanità pubblica che funzioni. Il Covid ha dimostrato drammaticamente le sue fragilità, passata la fase di emergenza però non è cambiato niente perché i fondi non sono aumentati e all’orizzonte si vedono toppe o peggiori del buco dagli effetti devastanti come l’autonomia differenziata, che sarebbe il colpo di grazia a quel principio fissato nell’articolo 23 della Costituzione per cui lo Stato deve garantire la salute.

Perché dice che la sanità è “sotto attacco”?
Perché nel governo e in Parlamento ci sono delle forze che affermano che il sistema pubblico sanitario universalistico non è sostenibile e puntano a costruire un doppio sistema facendo perno su privati e assicurazioni. Fermo restando che nei Paesi dove c’è la spesa sanitaria complessiva di Pil è attorno al 18%, noi siamo un poco sopra al 6. E’ ora di invertire la rotta, è una questione sostanziale.

Nei promotori si leggono le firme di sindaci e sindacalisti, si vede la sinistra ma non la destra: come fa a dire che non è un’iniziativa a politica?
Non posso dimostrarlo, perché in effetti i primi firmatari quelli sono ma l’intenzione è di unire senza primogeniture e senza etichette politiche o di partito, perché è in gioco la salute di tutti. Per questo sono convinto che potranno aderire amministratori, medici e cittadini di ogni colore politico. Se poi questo è un argomento per depotenziare sul nascere la forza dell’iniziativa si scioglierà davanti ai numeri: 150mila persone non possono essere tutte di una stessa “area”.

E quali altri soggetti potrebbe aggregare?
Dobbiamo lanciare una grande iniziativa di popolo sulla sanità cioè i cittadini debbono diventare protagonisti del rilancio del sistema sanitario nazionale pubblico perché è questo il modo per incidere anche sulle scelte politiche che questo Governo. Vede, sulla sanità stanno lavorando tantissimi gruppi e associazioni, da GIMBE ad Articolo 32. Noi vogliamo mettere in rete tutte queste competenze/esperienze e fare in modo che comincino a produrre iniziativa politica e mobilitazione a difesa della sanità.

Pensa alla Francia?
L’obiettivo è questo, noi vogliamo che si materializzi ed è esattamente quello che dobbiamo fare. A noi interessa che si metta in moto questo movimento.

Cosa si propone questa petizione?
Le liste di attesa sono il sintomo con cui tutti i cittadini devono fare i conti, ma i problemi della sanità pubblica sono ben più ampi, gravi e profondi. Bisogna fare una serie di azioni integrate per invertire la rotta. Prima di tutto, aumentare le risorse e rispondere al tema del finanziamento, come hanno chiesto anche le Regioni, con risorse aggiuntive utili a contrastare l’inflazione e i costi dell’energia. Questo in primis e in modo assoluto.

E poi, cos’altro?
Poi affrontare il tema dell’emergenza dei medici con provvedimenti straordinari e al tempo stesso riformare il sistema della formazione per assicurare al sanitario le figure professionali di cui di cui ha bisogno. C’è da governare il processo di territorializzazione della sanità indicando quali sono i riferimenti fondamentali per evitare che, per esempio si arrivi a un processo di privatizzazione pesante del servizio sanitario con l’esternalizzazione delle prestazioni che non è in grado di svolgere. Bisogna fare investimenti sulla tecnologia. Investimenti sulla case di comunità che siano non solo i muri ma anche il personale, infermieri e medici. Un nuovo rapporto con i medici di medicina generale, se no non si non si superano le difficoltà di oggi.

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