di Agnese Ambrosi*

Chi vive sulla strada non è occupabile.

Mostafa aveva solo 19 anni. Non è stato il gelo di dicembre ad ucciderlo a Bolzano, ma l’incuria delle istituzioni. La Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (PSD) prova a tenere il conto delle PSD decedute in conseguenza della condizione di deprivazione, in quella che definisce la “strage invisibile”. Scorrendo l’elenco fatto di nomi, data, luogo, circostanze e causa della morte, nazionalità, si ha la rappresentazione plastica di una umanità privata di ogni diritto di cittadinanza, a volte anche del diritto all’identità. Spesso, infatti, nella casella del nome c’è uno spazio vuoto, a testimoniare che nessuno conoscesse le generalità delle PSD decedute, a tutti gli effetti invisibili. Invisibili – in primo luogo – alle istituzioni, che le hanno uccise per incuria.

Quando la tua casa è la strada, non sei occupabile. Puoi avere anche 19 anni ed essere teoricamente nel pieno delle tue forze, ma tutte le tue energie sono drenate in una feroce e disumana lotta per la sopravvivenza. Quando sei fortunato riesci a sopravvivere. L’incertezza e la provvisorietà ti divorano. Il gelo ti consuma. La solitudine ti spezza. Per molte persone senza dimora, il reddito di cittadinanza ha costituito l’unico punto certo da cui poter ripartire.

Poter contare su una base sufficiente di reddito senza scadenza permette di interrompere il circolo infernale della morte imminente e pensare ad una programmazione, se pur minima. Un posto letto, un ostello, dove recuperare l’integrità fisica e mentale per poter ripartire per un progetto di vita. A volte questi percorsi sono molto lunghi, anche anni: non si può stabilire a priori una durata, perché l’assenza della dimora è come una malattia che debilita profondamente mente e corpo. Senza questa minima base sicura, però, di certo c’è solo la strada, la marginalità e la disoccupazione.

Togliere il reddito alle PSD perché, per il solo fatto di avere tra i 18 e i 65 anni, sono da ritenersi occupabili otterrà il surreale effetto di accrescere le fila di coloro che non saranno più stabilmente occupabili. Così come restringere le maglie della protezione speciale in nome della lotta all’immigrazione irregolare otterrà il paradossale effetto di aumentare la schiera delle persone irregolari. In nome della sicurezza si ingrosserà la marea umana figlia della disperazione, con maggiore insicurezza per tutti, in una surreale eterogenesi dei fini.

Noi assistenti sociali, che stiamo “sulla strada”, veniamo in contatto ogni giorno con mondi sommersi, dove brulicano lo sfruttamento, l’illegalità, le violazioni e le violenze, cause di sofferenza inaudita. Più le istituzioni mettono ogni sorta di barriere e di difficoltà, più questa dilagante marea umana sommersa aumenta. Non è vero che le barriere creano sicurezza, solo i diritti la assicurano. Le criminalità gioiscono di avere una schiera di persone a disposizione, ricattabili, invisibili, disperate. Quando invece si danno alle persone diritti e sostegni che permettano loro di sopravvivere, esse transitano naturalmente in percorsi positivi, “regolari”, di fuoriuscita dall’invisibilità, di re-inclusione nella società, con maggiore sicurezza per tutti.

Rogers ci insegnava che le persone tendano naturalmente al bene, se inserite in un contesto positivo che dà loro fiducia. Questo lo vediamo ogni giorno nel nostro lavoro. Non ho mai incontrato persone che si grattavano la pancia sul divano. Ho incontrato persone che lottavano ferocemente sotto la pioggia, il vento, nell’inferno, per rimanere attaccate alla vita. Che chiedevano una possibilità, prima che il portone delle istituzioni si richiudesse sulla loro morte, fisica o esistenziale.

La nuova misura, che si definisce per l’ “Inclusione Attiva”, sarà questo portone che si chiude per molte Persone senza dimora e avrà il paradossale effetto di aumentare l’esclusione, di far scivolare nuovamente sulla strada persone che stavano faticosamente ricostruendo le proprie vite. E la strada, uccide. Uccide fuori e soprattutto dentro.

Il reddito di base dovrebbe essere garantito a tutti, ma sicuramente dovrebbe essere mantenuto per un ammontare sufficiente e senza scadenza per coloro per cui esso diventa, davvero, una questione di vita o di morte.

* assistente sociale, vice presidente Ordine assistenti sociali Toscana e docente a contratto Università di Siena

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