La Commissione europea prova a rispondere al maxi piano di sussidi di Joe Biden per l’industria green. Lo fa presentando un pacchetto che comprende da un lato il Net-Zero Industry Act, una proposta di regolamento che punta a potenziare la produzione di tecnologie fondamentali in vista della neutralità climatica, dall’altro il Critical Raw Materials Act, che fissa una serie di obiettivi per ridurre l’esposizione del Vecchio Continente al rischio di carenze di minerali strategici per la transizione verde e digitale e la dipendenza dalla Cina. Il problema è che i finanziamenti pubblici, al momento, saranno a valere sui bilanci dei singoli Stati, perché l’ipotesi di un fondo sovrano alimentato con debito comune non è passata.

Le tecnologie strategiche – L’obiettivo del piano Net zero è che entro il 2030 almeno il 40% del fabbisogno annuo di tecnologie strategiche a zero emissioni sia prodotto nell’Ue. Si parla si pannelli solari, batterie ed elettrolizzatori, o componenti chiave di queste tecnologie, come le celle fotovoltaiche o le pale per le turbine eoliche. In parallelo si punta ad accelerare la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica per raggiungere i 50 milioni di tonnellate di capacità annua di stoccaggio entro il 2030. Vengono introdotti requisiti perché le aziende dell’Oil&Gas possano contribuire. In assenza di fondi europei ad hoc, la legge si occupa soprattutto degli aspetti burocratici e autorizzativi: istituisce procedure semplificate per i progetti di produzione di tecnologia a zero emissioni nette e i progetti strategici Net-Zero. L’Ue è attualmente un importatore netto di diverse tecnologie e componenti a zero emissioni. Tuttavia, per la Commissione, ha il potenziale e le risorse necessarie per diventare un leader industriale in questo mercato.

L’atto vuole anche promuovere la diversificazione per le tecnologie net-zero, introducendo criteri di sostenibilità negli appalti pubblici e nelle aste, prevedendo sostegni alla domanda privata. Verrà sostenuta la creazione di accademie europee specializzate per avere manodopera adeguatamente formata. La Commissione, infine, vuole collaborare con gli Stati membri, l’industria e le parti sociali per progettare corsi di formazione per la riqualificazione e il miglioramento delle competenze dei lavoratori.

“Abbiamo bisogno di un contesto normativo che ci consenta di accelerare rapidamente la transizione verso l’energia pulita”, ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. “Il Net-Zero Industry Act farà proprio questo. Creerà le migliori condizioni per quei settori che sono cruciali per noi per raggiungere lo zero netto entro il 2050: tecnologie come turbine eoliche, pompe di calore, pannelli solari, idrogeno rinnovabile e stoccaggio di CO2. La domanda sta crescendo in Europa e nel mondo e stiamo agendo ora per esserne certi possiamo soddisfare una parte maggiore di questa domanda con l’offerta europea”.

Le materie prime critiche – Entro il 2030 almeno il 10% del consumo annuo dell’Ue dovrà essere estratto sul territorio Ue, almeno il 40% del consumo annuo dell’Ue dovrà essere trasformato nell’Ue, almeno il 15% del consumo annuo dell’Ue dovrà essere prodotto di riciclaggio di materie prime e non più del 65% del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima strategica in qualsiasi fase della trasformazione deve venire da un unico Paese terzo. La lista delle materie prime strategiche sarà rivista almeno ogni 4 anni. Al momento si tratta di quelle fondamentali in settori come le energie rinnovabili, il digitale, le tecnologie spaziali e della difesa e per le quali la prevista crescita della domanda rispetto agli attuali livelli di offerta, insieme alle difficoltà di aumentare la produzione, rischiano di creare rischi di approvvigionamento nel prossimo futuro: bismuto, boro, cobalto, rame, gallio, germanio, litio, manganese, magnesio, nickel, metalli del gruppo del platino, terre rare usate per i magneti permanenti (fondamentali per le turbine eoliche) cioè neodimio, praseodimio, terbio, disprosio, gadolinio, samario e cerio; il silicio metallico, il titanio e il tungsteno.

Per molti di questi materiali l’Ue, complessivamente piuttosto povera di materie prime, dipende dall’estero: il 63% del cobalto mondiale viene estratto nella Repubblica Democratica del Congo e il 60% viene raffinato in Cina, il 97% delle forniture di magnesio dell’Ue viene dalla Cina, ben il 100% delle terre rare, utilizzate per produrre i magneti permanenti che sono essenziali per le turbine eoliche, viene raffinato ancora in Cina. Il Sudafrica fornisce il 71% del fabbisogno Ue di metalli del gruppo del platino, mentre la Turchia fornisce il 98% del fabbisogno di borati dell’Ue. Il regolamento mira a creare catene di approvvigionamento di materie prime critiche dell’Ue sicure: la legge ridurrà gli oneri amministrativi e semplificherà le procedure di autorizzazione per i progetti di materie prime critiche nell’Ue. Inoltre, i progetti strategici selezionati beneficeranno del sostegno per l’accesso ai finanziamenti e di tempi di autorizzazione più brevi (24 mesi per i permessi di estrazione e 12 mesi per i permessi di lavorazione e riciclaggio).

Gli Stati membri dovranno inoltre sviluppare programmi nazionali per l’esplorazione geologica. Per mitigare i rischi, la legge prevede il monitoraggio delle catene di fornitura delle materie prime critiche e il coordinamento degli stock strategici di materie prime tra gli Stati membri. Alcune grandi aziende dovranno eseguire un audit delle loro catene di approvvigionamento di materie prime strategiche, con uno stress test a livello aziendale. Malgrado tutte queste azioni, nella comunicazione la Commissione avverte che l’Ue “non sarà mai autosufficiente nella fornitura di materie prime critiche e continuerà a basarsi sulle importazioni per la maggior parte del suo consumo”. Pertanto, occorre diversificare gli investimenti, la produzione e il commercio con partner “affidabili”, lavorando nel contempo per ridurre la dipendenza da forniture “altamente concentrate” e affrontare le “vulnerabilità” che ne derivano.

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