È una giornata decisiva quella di oggi in Francia per quanto riguarda la riforma, voluta da Emmanuel Macron, che da quasi due mesi sta mettendo l’intero paese in subbuglio. La riforma delle pensioni, che vuole portare l’età pensionabile da 62 a 64 anni, è stata adottata questa mattina in Senato e sarà sottomessa al voto dell’Assemblea Nazionale alle 15 di questo pomeriggio.

Ieri 15 marzo, mentre la commissione mista paritaria, un’istanza che riunisce sette deputati e sette senatori, adottava il testo comune della riforma che sarà sottomesso oggi al voto della camera bassa, si svolgeva in tutto il paese l’ottava giornata di mobilitazione dall’inizio della contestazione, il 19 gennaio. 1,7 milioni di manifestanti hanno sfilato per le strade secondo i sindacati (480 mila secondo il Ministero dell’Interno) e tutte le otto principali organizzazioni sindacali erano riunite contro una riforma ampiamente contestata dall’opinione pubblica.

In questi (quasi) due mesi di scioperi e manifestazioni, in cui si è arrivati a “paralizzare” il Paese, come durante la giornata storica del 7 marzo, diverse categorie professionali hanno man mano aderito al movimento ed alcuni settori chiave, come l’energia, i trasporti o anche i netturbini, si sono impegnati in uno “sciopero a oltranza”. L’obiettivo è chiaro: andare a colpire l’economia del Paese per intensificare la pressione sul governo a lungo termine, e non più solamente attraverso singole manifestazioni che non sembrano smuovere l’esecutivo. Così, se da giorni i rifiuti stanno invadendo Parigi e altre città francesi, i netturbini hanno annunciato la proroga del loro sciopero fino al 20 marzo, mentre ad esempio la maggior parte delle raffinerie continuano ad essere, anche se parzialmente, all’arresto.

Fino al ritiro della riforma – Di fronte ad un governo che fino ad ora non ha dato segni di cedimento, manifestanti e sindacati non intendono quindi allentare la presa. Sabato scorso, durante la settima giornata di mobilitazione, Laurent Berger, segretario generale del sindacato CFDT, affermava a Rtl che, se il governo dovesse ricorrere al 49.3, articolo della Costituzione che permette di far adottare un progetto di legge senza il voto dell’Assemblea, “sarebbe una sorta di vizio democratico”.

Si tratta infatti di uno degli scenari possibili per il governo, che, malgrado il sostegno generale dei Repubblicani, non ha la certezza di raggiungere la maggioranza assoluta. Ma per manifestanti e sindacalisti, se la riforma sarà approvata dall’Assemblea o grazie al 49.3 cambierà poco. Perché in ogni caso, anche se questo dovesse essere lo scenario, “continueremo a batterci fino al ritiro della riforma”, ha assicurato a ilfattoquotidiano.it Amar Lagha, segretario generale della federazione Commercio e Servizi della CGT, tra i primi sindacati francesi. Tra gli esempi passati che incoraggiano gli scioperanti, oltre a quello storico del ritiro di una riforma delle pensioni nel 1995, c’è anche quello che risale al 2006, quando un importante movimento studentesco, sostenuto da partiti politici e sindacati, aveva ottenuto il ritiro di una legge per la creazione di un contratto “prima assunzione”, malgrado questa fosse già stata adottata. Tra i manifestanti, anche moltissimi studenti liceali e universitari stanno infatti dando il loro contributo alla contestazione, anche occupando a più riprese gli istituti scolastici.

“Nel 2006 la legge era stata votata al Senato e all’Assemblea Nazionale. Durante dieci giorni abbiamo continuato a manifestare ed è stata ritirata”, ha ricordato a ilfattoquotidiano.it Bertrand Hammache a capo della CGT RATP, ente pubblico che gestisce i trasporti di Parigi e della sua periferia e i cui dipendenti sono oggi impegnati in uno “sciopero a oltranza”, che consiste in uno sciopero rinnovato, su decisione dei dipendenti, più giorni di fila. “Continuiamo con ostinazione. Siamo convinti che questa legge non passerà, o comunque non verrà applicata visto che l’opinione pubblica è con noi”, ha sottolineato il sindacalista. Secondo un sondaggio, infatti, il 67% della popolazione approva la mobilizzazione contro la riforma delle pensioni, e il 62% dei Francesi vorrebbe che questa vada avanti anche se la legge dovesse essere approvata questo pomeriggio.

Colpire l’economia – “Non c’è salvezza senza lotta” è proprio uno degli slogan della CGT, continua Hammache. Una lotta che non si svolge solo nelle piazze, ma vuole colpire il cuore dell’economia. “Pensiamo che dovremmo spingere di più sullo sciopero a oltranza che su giornate come questa”, ha detto Lagha dal corteo che comincia lentamente a incamminarsi in questa ottava giornata di manifestazioni. “Bisogna colpire l’economia, punto. Il mio settore, del commercio, è meno visibile, ma questa mattina per esempio abbiamo bloccato la cucina centrale di Disneyland, e 7 mila pasti sono finiti nel cestino”, ha raccontato.

Altri settori, più visibili, come quello dell’energia, sono sulla stessa linea d’onda. Mathieu Stefgegne, tecnico di Enedis, impresa pubblica che gestisce la distribuzione di elettricità, ne è convinto: “Le singole manifestazioni non funzionano più. L’unico modo di essere ascoltati è riprenderci il nostro strumento di lavoro e staccare la corrente. Lo abbiamo fatto allo stadio, nei data center, in diverse zone commerciali…non abbiamo scelta e continueremo a farlo”, ha precisato.

Alcune azioni considerate più radicali si fanno avanti. Diversi rappresentanti politici favorevoli alla riforma hanno subito interruzioni di corrente mirate, mentre martedì circa 300 manifestanti hanno lanciato della spazzatura davanti alla sede del partito presidenziale “Renaissance” per “ricordare che la gente è in sciopero”, ha detto Simon Duteil, co-delegato generale di Solidaires all’AFP. “Approviamo al 100%”, ha detto Hammache, “c’è stato il tempo delle manifestazioni, degli scioperi, dei dibattiti… noi siamo d’accordo sul fatto di radicalizzare il movimento per creare una reazione da parte del governo”.

Resta, però, da convincere innanzitutto i lavoratori a continuare a scioperare, e “riunire più persone possibili” nel movimento. Per fare pressione sui deputati, questo pomeriggio i sindacati si ritroveranno davanti all’Assemblea Nazionale. Molti riflettono già ai “ricorsi costituzionali” possibili in caso di promulgazione della legge. Perché, ormai, “non si può più tornare indietro, ci batteremo fino alla fine”, ha concluso Lagha.

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