La Procura di Milano ha chiuso l’indagine nei confronti di Beppe Grillo e di Vincenzo Onorato, patron del gruppo Moby Lines, entrambi accusati di traffico di influenze per una presunta mediazione illecita da parte del fondatore del Movimento cinque stelle. Stando alla ricostruzione dei pm Maurizio Romanelli e Cristiana Roveda, tra il 2018 e il 2019 il comico ha inoltrato, in cambio di soldi, a parlamentari pentastellati le richieste di aiuto avanzate dall’armatore in crisi finanziaria, suo amico di lunga data.

In particolare, nel capo d’accusa citato nel decreto di perquisizione emesso a gennaio 2022 si legge che “la società Beppe Grillo srl ha percepito da Moby spa 120mila euro annui negli anni 2018 e 2019, apparentemente come corrispettivo di un “accordo di partnership” avente ad oggetto la diffusione su canali virtuali, quali il sito www.beppegrillo.it, di “contenuti redazionali” per il marchio Moby. “Nello stesso lasso temporale”, prosegue l’atto, “Grillo ha ricevuto da Onorato richieste di interventi in favore di Moby s.p.a., che ha veicolato a parlamentari in carica appartenenti” al Movimento da lui fondato e “nominati ministri dei governi in carica all’epoca”, “trasferendo quindi al privato le risposte della parte politica o i contatti diretti con quest’ultima”. Tra le utilità fornite o promesse a Grillo da Onorato c’è anche “l’organizzazione di un comizio elettorale per il Movimento 5 stelle a Torre del Greco” e “la promessa di organizzare comizi elettorali per gli esponenti del M5s”.

A sostegno dell’accusa ci sono una serie di chat tra i due indagati: “Vincenzo ho attivato Luigi e Toninelli, vediamo cosa dicono”, scriveva ad esempio Grillo e Onorato il 30 luglio 2019. Il riferimento è a Danilo Toninelli, all’epoca ministro delle Infrastrutture, e a Luigi Di Maio, allora ministro dello Sviluppo economico. La richiesta, si legge negli atti, riguarda “un loro intervento” per sbloccare un pagamento verso Cin, una società del gruppo Moby, da 62 milioni di euro. Il nome di Toninelli compare anche in un altro messaggio, in cui Grillo scrive di averlo “convinto ad occuparsi della questione a Bruxelles“: la richiesta di Onorato, in questo caso, secondo i pm era quella “di attivarsi avanti alla Commissione europea per promuovere l’autorizzazione necessaria per dare efficacia agli sgravi fiscali previsti” da un decreto del 2016, che sarebbero andati a favore di Moby.

Nel triennio 2018-2020, inoltre – come già rivelato da uno scoop del Fatto di ottobre 2019 – “la Moby spa ha anche sottoscritto un contratto con la Casaleggio associati srl, il cui socio di maggioranza è Davide Casaleggio, figlio del cofondatore del M5s Gianroberto e figura contigua al M5s in quanto all’epoca dei fatti gestiva la piattaforma digitale Rousseau”, scrivono i pm. Il contratto “prevedeva il pagamento a tale società della somma di 600mila euro annui quale corrispettivo” per la campagna “Io navigo italiano“, un vecchio cavallo di battaglia di Onorato, volta a “sensibilizzare l’opinione pubblica (…) alla tematica della limitazione dei benefici fiscali alle sole navi che imbarcano personale italiano e comunitario”. Secondo l’accusa, però, questi contratti erano fittizi e costituivano la copertura del “prezzo” della mediazione politica di Grillo: e ciò “in considerazione dell’entità degli importi versati o promessi da Onorato, della genericità delle cause”, nonché delle “relazioni effettivamente esistenti e utilizzate da Grillo, su espresse richieste di Onorato, nell’interesse del gruppo Moby”.

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