Aumentano le pene carcerarie – ma non le multe – per scafisti e trafficanti. E si introduce un (altro) nuovo reato, che punisce chi causa morti in mare con la reclusione fino a trent’anni. Ecco le “disposizioni penali” contenute nella bozza del decreto-legge che sarà approvato questo pomeriggio dal Consiglio dei ministri di Cutro: la reazione del governo Meloni al naufragio di domenica 26 febbraio, quando un barcone carico di migranti è affondato a pochi metri dlle coste calabresi, uccidendo almeno 72 persone. L’articolo 6 del provvedimento modifica l’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione: chi “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato” potrà essere punito con la reclusione da 2 a 6 anni (invece che da 1 a 5). In presenza di aggravanti – tra cui esporre dei migranti a pericolo per la vita o per l’incolumità, o sottoporli a trattamenti inumani o degradanti – la cornice andrà da 6 a 16 anni (invece che da 5 a 15). La sanzione pecuniaria invece resta identica: 15mila euro per ogni persona oggetto di tratta.

Dopo l’articolo 12 poi viene aggiunto un 12-bis, “Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”: lo scafista o il trafficante, “quando il trasporto o l’ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante, è punito con la reclusione da 20 a 30 anni se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone. La stessa pena si applica se dal fatto derivano la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone”. Ancora: “Se dal fatto deriva la morte di una sola persona, si applica la pena della reclusione da 15 a 24 anni. Se derivano lesioni gravi o gravissime a una o più persone, si applica la pena della reclusione da 10 a 20 anni“. Anche se la morte o le lesioni si verificano in acque internazionali, “il reato si considera commesso nel territorio dello Stato se la condotta è diretta a procurare l’ingresso illegale” in Italia.

L’articolo 8 della bozza di decreto introduce quella che qualcuno ha chiamato “norma anti-Soumahoro”, cioè la possibilità per i prefetti di commissariare la gestione dei centri per migranti “qualora ricorra un grave inadempimento degli obblighi previsti” dall’appalto “e l’immediata cessazione dell’esecuzione del contratto possa compromettere la continuità dei servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali”. L’articolo 9 prevede invece un potenziamento delle costruzione dei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), i luoghi in cui gli stranieri irregolari sono trattenuti in attesa dell’esecuzione di provvedimenti di espulsioni. La realizzazione di queste strutture “è effettuata, fino al 31 dicembre 2025, anche i deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea”.

All’articolo 10 è previsto il “Potenziamento della sorveglianza marittima“: “La Marina militare definisce e aggiorna la situazione marittima nazionale da condividere in ambito intergovernativo, anche mediante l’aggregazione integrata delle informazioni acquisite dalle amministrazioni statali che esercitano competenze in materia marittima. Per tali finalità si avvale del Dispositivo integrato interministeriale di sorveglianza marittima, quale supporto tecnologico di connessione dei sistemi in uso dalle citate amministrazioni, costituito presso il Comando in capo della squadra navale”.

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