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Vigilanza privata, Cgil e Cisl lanciano una class action per la disapplicazione del contratto nazionale con salari da fame

Il ccnl è scaduto da oltre sette anni e "nonostante le tante iniziative di mobilitazione, scioperi e manifestazioni per sensibilizzare le parti datoriali al rinnovo, gli oltre 100mila addetti del settore sono ancora in attesa di vedersi riconosciuto un giusto salario e un quadro normativo di riferimento aggiornato", scrivono Filcams Cgil e Fisascat Cisl
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Sono passati più di sette anni dalla scadenza dell’ultimo contratto nazionale della vigilanza privata e servizi fiduciari firmato nel 2013. Tristemente noto perché prevede minimi salariali da fame, poco più di quattro euro e mezzo lordi l’ora. Le trattative con le parti datoriali si sono arenate proprio sugli aumenti. Ora Filcams Cgil e Fisascat Cisl hanno deciso di provare una strada nuova. “Nonostante le tante iniziative di mobilitazione, scioperi e manifestazioni per sensibilizzare le parti datoriali al rinnovo, gli oltre 100mila addetti del settore sono ancora in attesa di vedersi riconosciuto un giusto salario e un quadro normativo di riferimento aggiornato”, scrivono in una nota. “Filcams Cgil e Fisascat Cisl hanno depositato, con i rispettivi uffici legali, una Class action, un’innovativa ed inedita azione di classe contro una delle maggiori aziende del settore, con un gran numero di operatori impiegati nel comparto servizi fiduciari. L’iniziativa è finalizzata alla disapplicazione delle tabelle retributive del ccnl – sezione servizi fiduciari“.

“Sono numerose le sentenze che nel tempo hanno sancito la non conformità all’art. 36 della Costituzione in merito alla retribuzione dei lavoratori impiegati nei servizi fiduciari e che hanno visto, nel corso dei mesi di vigenza dell’ormai scaduto Ccnl, il non rispetto degli impegni presi dalle associazioni datoriali”, affermano i sindacati. “L’impegno delle controparti consisteva nel migliorare le condizioni salariali degli ultimi livelli del personale impegnato nei servizi fiduciari che erano considerate di emersione per un settore all’epoca privo di regolamentazione contrattuale. Tale impegno è stato disatteso provocando una strumentalizzazione negli appalti che ha compresso e penalizzato le retribuzioni dei lavoratori, con grandi guadagni sia delle aziende che dei committenti”.

“In attesa della ripresa del confronto, sollecitato anche con l’intervento del ministero del Lavoro – continua la nota – proseguiremo in tutte le azioni di mobilitazione utilizzando tutti gli strumenti possibili, compreso quello giudiziale. L’attuale situazione non risulta più sostenibile visto anche l’aumento considerevole del costo della vita amplificato dai tanti anni di mancato rinnovo che nonostante il susseguirsi di incontri di trattativa, non ha portato ad un minimo risultato sull’adeguamento delle retribuzioni utili a mantenere il potere di acquisto dei salari. Se non ci saranno soluzioni contrattuali il mese di aprile sarà determinante per dare una svolta a questa situazione che non ha eguali nella storia sindacale italiana”.

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