L’ultimo gol in maglia biancoverde, 38 anni fa, è un classico: scambio di ruolo con Ramòn Diaz che se ne va sulla fascia destra al Del Duca che pare un ballerino, la palla piazzata al centro e Geronimo Barbadillo che deve solo appoggiarla alle spalle di Corti per l’1 a 0. Metterà anche lo zampino nel 2 a 0 di Nando De Napoli, fornendogli un bell’assist: l’Ascoli poi, in quel 24 Febbraio del 1985, pareggerà 2 a 2 grazie a una doppietta di un altro che avrebbe indossato la maglia biancoverde, Dirceu. Ma i marchigiani retrocederanno a fine stagione, l’Avellino no, anche grazie alle giocate di quell’ala destra peruviana che faceva impazzire esperti del calibro di Gianni Brera e che Maradona avrebbe voluto volentieri al suo fianco.

Peruviano, figlio d’arte, nasce nel 1954 a Lima, in zona Callao: suo papà è Guillermo, una gloria della nazionale e dei club locali che però vorrebbe il figlio medico e non calciatore. Ma la nonna lo aiuta a firmare clandestinamente il suo primo contratto con lo Sport Boys e da lì, nel ’72, inizia la sua carriera. Tre anni dopo è nella nazionale peruviana che a sorpresa vince la sua seconda e ultima Copa America, con Cubillas punta di diamante. In molti mettono gli occhi su quell’ala veloce e abilissima nel dribbling, con la curiosa capigliatura afro che gli è valsa il soprannome di Patrulla per la somiglianza con l’attore protagonista del telefilm Patrulla Juvenil.

Lo vorrebbe il Boca Juniors, la spunta il Tigres de Nuevo Leon, in Messico, dove Barbadillo diventa un idolo locale vincendo due campionati e una Coppa del Messico, oltre al Pallone d’oro messicano nel 1982. Oggi in suo onore è stata persino ritirata la maglia numero 7. Fa parte della nazionale che al Mundial gioca anche contro l’Italia e, intanto, una vecchia conoscenza del calcio messicano che in Italia era già approdato, Juary, lo segnala al suo agente. Al mitico patron avellinese Sibilia vengono mostrate due videocassette della freccia peruviana: gli piace. Propone 850mila dollari al Tigres per accaparrarselo: “Per Hugo Sanchez – piace ricordare a Barbadillo – ne sono stati sborsati 350mila”. E all’ala peruviana, che del campionato italiano conosce poco e niente, viene detto che andrà in una squadra che lotta per l’Europa: il racconto dell’arrivo ad Avellino, all’epoca ancora alle prese con il post terremoto, è di quelli da Benvenuti al Sud e lo sarà anche tutto il resto della storia.

Ci vuole ben poco infatti a quel calciatore indiscutibilmente bravo e altrettanto furbo e simpatico a entrare nel cuore degli avellinesi. Allo stesso modo, il calore di una piazza che ama il calcio in maniera viscerale conquista in pochissimo tempo Barbadillo. E se in Perù Geronimo era diventato Patrulla, ad Avellino quella capigliatura gli vale il soprannome di Tartufòn, sebbene il patron Sibilia non sia proprio ben disposto verso quel taglio e più volte cerchi di indirizzarlo da Sabatino, barbiere di fiducia. Unico dettaglio che non andava bene, visto che, come ha ricordato lo stesso Barbadillo, appena arrivato ad Avellino il presidente volle esaminarne personalmente le caratteristiche fisiche, passando sopra alle “cosce storte”, perché “va bbuono pe’ fa e’ dribblìng”.

Ne farà molti di “dribblìng” Barbadillo, in tre anni anche dieci gol, il primo proprio all’Ascoli, uno importantissimo in un Avellino-Milan 4 a 0 dell’11 settembre ’83 e parecchi assist. Lo vorrebbero Lazio e Roma, ma alla fine viene ceduto all’Udinese che ha da sostituire Zico e sborsa 1,4 miliardi di lire, non male per un calciatore ormai 31enne. Inizialmente Barbadillo rifiuta e torna ad Avellino: ma all’epoca i calciatori avevano ben poca voce in capitolo e in bianconero deva andarci. In Friuli gioca bene il primo anno, tant’è che lo vorrebbe il Napoli: Maradona lo apprezza, Bianchi che già lo aveva avuto all’Avellino pure, ma l’Udinese chiede troppo, salvo poi prendere Daniel Bertoni e mettere Barbadillo fuori rosa, fatto oggetto anche di qualche commento poco carino dei tifosi. Poca roba tuttavia, visto che Barbadillo a Udine ha continuato a viverci. Dopo un anno fuori inizia la sua seconda carriera, tra i dilettanti: con la Sanvitese, poi con il Milland e poi un passaggio anche nel Beneventano, con il Milan Sannio. Non ha mai lasciato l’Italia e oggi è un talent scout, cerca i nuovi Patrulla in giro per il mondo.

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