Tania non ha mai trovato il coraggio di chiedere se la sua casa è ancora lì o se è stata distrutta dai bombardamenti, mentre Sophia, 16 anni, il 24 febbraio 2022 si è svegliata, a Kharkiv, per via delle esplosioni e delle sirene. È passato ormai un anno e, dopo essere stata sfollata più volte, ha aiutato a far evacuare altri bambini, portandoli con sé a ovest. Svitlana, invece, fa l’insegnante e ogni volta che suona la sirena, insieme ai colleghi deve evacuare circa 200 bambini, molti dei quali con bisogni speciali. Poi ci sono le storie delle famiglie di Kiev, che portano i loro figli nei parcheggi sotterranei o nelle stazioni della metropolitana. Sono le storie raccontate nei dossier di due organizzazioni impegnate sul campo: il rapporto di Save the children “Un pesante tributo: l’impatto di un anno di guerra sui bambini in Ucraina” e quello di WeWorld “Crisi Ucraina, un anno di conflitto”. Pagine nelle quali sono le storie a spiegare più di ogni altra cosa i numeri. Drammatici. Come racconta Save The Children, dal giorno dell’invasione dell’Ucraina sono stati uccisi 438 bambini e 851 sono stati feriti. E ancora, ogni giorno vengono uccisi o feriti 4 bambini. “Tutti sono esposti – spiega l’associazione – perché violenza sessuale, bombardamenti, ferite o morte a causa ordigni esplosivi, torture, distruzione di ospedali e scuole, costituiscono ormai una tragica normalità per il Paese”. La guerra in Ucraina ha costretto milioni di famiglie ad abbandonare le proprie case. “Dall’inizio del conflitto – racconta WeWorld – si stimano 17 milioni di persone con bisogno di assistenza umanitaria e protezione in tutta l’Ucraina”, mentre in Europa “sono stati registrati 8 milioni di rifugiati, la maggior parte nei Paesi vicini come Moldavia, Polonia, Romania, Ungheria e Slovacchia, a cui si aggiungono milioni di sfollati interni, la maggior parte donne, bambini e anziani”.

Un anno di distruzione, anche in scuole e ospedali – Save the children è presente in Ucraina dal 2014, ma dallo scoppio della guerra ha intensificato la sua presenza e lancia la campagna ‘Bambini sotto attacco’, con una serie di iniziative di sensibilizzazione fino al 26 marzo, anniversario della guerra in Yemen. Secondo i dati dell’organizzazione, delle centinaia di civili che hanno avuto incidenti con ordigni esplosivi, circa il 40% è morto per le ferite riportate e il 22% di questi decessi riguarda donne e bambini. Anche l’istruzione è stata oggetto di attacchi prolungati in questo ultimo anno. Sino a fine dicembre, il Ministero ucraino dell’Istruzione e della Scienza ha stimato più di 2.600 scuole danneggiate e oltre quattrocento completamente distrutte. In totale, significa il 20% degli edifici scolastici. Ci sono stati, poi, 703 attacchi accertati a operatori e strutture sanitarie, con conseguenze significative sui servizi sanitari per le madri e per i neonati, tanto che i rapporti sulle nascite premature stimano che fino al 10% di tutti i neonati nascono prematuri in Ucraina. E ci sono le violenze: al 31 ottobre 2022, sono 86 i casi denunciati di violenza sessuale contro donne, uomini e ragazze, tra cui stupri, anche di gruppo, nudità forzata e denudamento forzato in pubblico, torture e abusi sessuali. La Commissione d’inchiesta internazionale indipendente dell’Onu sull’Ucraina ha documentato casi di violenza sessuale e di genere contro i civili, con vittime anche di 4 anni e “casi in cui le bambine e i bambini sono stati violentati, torturati, confinati illegalmente, uccisi e feriti in attacchi indiscriminati con armi esplosive”.

Costretti a vivere sotto terra – “Molti bambini hanno assistito alla distruzione delle loro case e scuole e all’uccisione dei loro cari a causa di bombardamenti e missili incessanti. E mentre la guerra entra nel suo secondo anno, i più piccoli continuano ad assistere a nuove ondate di violenza” racconta Sonia Khush, direttrice di Save the Children in Ucraina.

A un anno dall’inizio del conflitto molte famiglie sono ancora costrette a vivere in centri di accoglienza o rifugi temporanei perché le loro zone di origine sono sotto attacco militare. Le sirene avvertono i civili della minaccia di un attacco missilistico o di un bombardamento, spingendoli a mettersi al riparo. Così le famiglie e i bambini possono finire per trascorrere fino a 8 ore sottoterra senza poter uscire a causa dei continui allarmi. Secondo le stime di Save the children, nell’ultimo anno bambine, bambini e ragazzi sono stati costretti a nascondersi sottoterra per circa 920 ore, oltre 38 giorni senza vedere la luce. A Charkiv, nell’ultimo anno le sirene hanno suonato più di 1.700 volte per un totale di circa 1.500 ore, mentre le regioni di Donetsk e Zaporizhzhia hanno registrato oltre 1.100 ore di allarmi ciascuna. Lungo la linea del fronte nel sud-est dell’Ucraina, i bombardamenti non cessano quasi mai. WeWorld è presente nei Paesi limitrofi, per supportare i profughi in fuga dalla guerra e in quattro regioni dell’Ucraina, Lviv, Kyiv, Odessa e Kharkiv. Per l’organizzazione “le zone del Sud e dell’Est appena liberate sono in questo momento le più problematiche, dal punto di vista della sicurezza ma anche dei bisogni”.

Le testimonianze – Tra le persone assistite da WeWorld c’è David, 11 anni, fuggito con la famiglia da Mykolaiv, in un centro di accoglienza di Lviv. “Nel centro, per 15 ore al giorno non c’è la corrente, è buio e fa freddo. Per noi bambini – racconta – è diventato quasi impossibile seguire la scuola online”. “La mia città era bellissima, ma adesso è distrutta dai bombardamenti” ricorda invece, Tania, rifugiata ucraina a Chisinau, in Moldavia. A Dnipro, nell’Ucraina orientale, gli attacchi sono più frequenti. La città è stata recentemente sconvolta da un attacco missilistico che ha distrutto un condominio e ha causato la morte di 46 civili. Un’insegnante di un asilo nella periferia di Dnipro ha raccontato a Save the Children che le sirene dei raid aerei sono ormai una routine per i suoi alunni. Il seminterrato dell’istituto è ora attrezzato per disegnare, giocare e ballare. Per molti bambini è diventata un’avventura, ma altri iniziano a piangere. “Quindi – racconta Svitlana – nel nostro rifugio abbiamo un luogo chiamato angolo della solitudine. Per quei bambini è ovviamente meglio stare da soli per un po’ di tempo e non sentire tutto quel rumore”. Olena, 12 anni, ha descritto com’è la vita sottoterra, in metropolitana con la sua famiglia: “Navigo sullo smartphone. Potrei fare i compiti se fosse durante il semestre. Siamo sottoterra perché ci lanciano i missili ed è meglio stare qui per la nostra sicurezza. È noioso. Ma meglio annoiarsi che farsi male”. Non è un caso se Dina Taddia, consigliera delegata di WeWorld, parla non solo di “emergenza umanitaria”, ma anche del lungo percorso che sarà necessario “per ritornare a una situazione pre-conflitto, perché – spiega – i danni materiali, ma soprattutto immateriali sono stati enormi”.

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