Le belle amichevoli estive e i tornei di una volta. Quelli anni ’80, che proprio come quell’epoca erano allegri, un po’ tamarri e pieni di speranza: colorati. E senza Youtube e skills varie erano utili pure per sogni esotici di campioni: altro che scouting. Il Mundialito era forse l’apoteosi del genere: organizzato da Silvio Berlusconi a Milano quello del 1981 regalò una stella. O almeno così titolarono i giornali dell’epoca. A quella prima edizione della “Coppa Super Clubs”, già dal titolo amabilmente anni ’80, parteciparono Milan e Inter, Feyenoord, Penarol e Santos. Proprio in un Milan-Santos un brasiliano stupì tutti: i rossoneri erano passati in vantaggio con Battistini, poi i brasiliani avevano rimontato con una splendida doppietta di Francisco Chagas Eloia, detto Elói. Applausi di San Siro, e l’allenatore del Santos, Sergio Clerici, che l’Italia la conosceva bene avendoci giocato per 18 anni, che assicurava fosse un campione.

Se ne interessa il Milan ovviamente, ma il Santos chiede troppo e non se ne fa nulla. Passa al Cruzeiro invece dove resta pochi mesi per giocare qualche partita e passare prima all’America di Rio e poi al Vasco da Gama. Nell’estate del 1983 ci pensa il Genoa di Fossati: in panchina c’è Gigi Simoni che riceve pure rassicurazioni da un calciatore che aveva allenato in precedenza. Non c’erano le skills di Youtube, ma i vhs sì e le immagini delle giocate di Elói piacciono. Piace pure quell’alone di leggenda secondo cui il calciatore e partner d’attacco di Roberto Dinamite palleggi con i limoni. Lo prendono. I genoani sono entusiasti e lo accolgono con calore all’aeroporto, il presidente gioca col nome: “Chagas vuol dire piaga, ma vi assicuro che non è così”.

Agosto in riva al mare nelle città italiane è poi una promessa al pari dei tornei estivi per i brasiliani: Elói si presenta con una doppietta al Palermo in Coppa Italia il 21 agosto e si ripete tre giorni dopo contro il Vicenza, sempre in Coppa Italia, seppur su rigore, e anche il 28 agosto contro il Monza timbra il cartellino. Insomma quattro gol in tre giornate di Coppa Italia: la vita sorride a quel brasiliano dai riccioli e baffetti biondi in Italia con la sua splendida moglie Aparecida.

In campionato però non va altrettanto bene: le gare passano e quelle di Elói sono tutte anonime, qualcuno inizia a dubitare dell’aspetto e azzarda un’età ritoccata in giù. Lui ribadisce che di anni ne ha 28 e si arrabbia, motivando le prestazioni poco convincenti con il gioco italiano poco adatto alle sue caratteristiche: “Ricevo un pallone ogni venticinque minuti: si può mai giocare così?”. E c’è da dire anche che forse tutti i torti non ce li ha: Elói non sarà un asso ma il Genoa in generale non ingrana, sempre in zona retrocessione con uno dei peggiori reparti offensivi della categoria.

Addirittura il 18 marzo, in occasione di un derby, i doriani riescono a fare entrare in campo uno scimpanzé preso in prestito dal circo Medrano… piazzandogli addosso la maglia numero 10, sì, quella di Elói, portando l’animale a passeggio sotto la curva. “Li ho perdonati per quello”, ha dichiarato recentemente Elói a Il Secolo XIX. Il Genoa retrocede e in Serie B non va meglio per il brasiliano: solito gol in Coppa Italia ad agosto e poi più nulla. Poi il ritorno in patria al Botafogo e un glorioso ritorno in Europa col Porto di Artur Jorge con cui vince anche la Coppa dei Campioni, sebbene l’unica presenza di Elói in quella manifestazione risalga al primo turno, a settembre contro i maltesi dell’Ajax Rabat con il Porto che vince per 9-0, un gol su punizione è proprio di Elói. Poi il passaggio al Boavista e infine il ritorno in Brasile dove chiuderà la carriera nel 1996 per intraprendere quella di allenatore e procuratore. Oggi che compie 68 anni ha eliminato i baffetti e anche i capelli, una volta riccioluti, sono diradati: è attivo sui social, dove si divide tra la lettura della Bibbia e il postare i suoi ricordi, su tutti una foto che lo vede abbracciato a Pelé.

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