Come successo dall’inizio del conflitto, toccherà ai russi prendere l’iniziativa della nuova fase del conflitto in Ucraina. Da settimane analisti ed esponenti di diversi Paesi coinvolti definiscono i mesi primaverili come cruciali per le sorti della guerra. E le due fazioni, come spiega a Ilfattoquotidiano.it, Tiziano Ciocchetti, analista esperto di Difesa e armamenti, ci arrivano in condizioni ben diverse: l’Ucraina a corto di munizioni, come praticamente tutti i Paesi europei, con solo gli Stati Uniti capaci di garantire, al momento, l’approvvigionamento necessario alla causa di Kiev; la Russia, invece, con il proprio potenziale bellico ancora molto elevato e, in parte, inespresso.

La maggior parte degli osservatori descrivono i prossimi mesi come decisivi per le sorti del conflitto. Chi ha in mano più carte da poter giocare?
L’iniziativa, fin dall’inizio del conflitto, è sempre stata in mano ai russi, sia sul terreno sia da un punto di vista strategico. Anche adesso è così: le gravi perdite subite dall’esercito di Mosca sono state coperte dalla campagna di reclutamento che oggi può fornire alla Federazione 300mila combattenti addestrati per quattro mesi dopo la mobilitazione parziale ordinata dal presidente Vladimir Putin. Mentre gli ucraini rimarranno sulla difensiva, sperando di poter fare qualche ‘puntata’ in avanti, ma senza alcuna possibilità materiale di ribaltare la situazione. Alla fine, nemmeno la controffensiva della scorsa estate ha indebolito i russi che hanno già rimpiazzato le perdite con uomini freschi, riposizionandosi in territori più facilmente controllabili rispetto alle vaste aree conquistate inizialmente.

Quali difficoltà di approvvigionamento stanno incontrando le due fazioni?
Gli ucraini sono messi molto peggio perché devono ricevere armi da altre fonti, mentre la Russia riceve solo pochissime componenti dall’estero. La principale fonte di approvvigionamento per Kiev sono ovviamente gli Stati Uniti, ma la loro disponibilità non è infinita. C’è bisogno di altra artiglieria e carri armati e per l’Europa fornirli è un problema perché non ne ha abbastanza per sé. Così, stanno cercando di rimediare con i vecchi Leopard 1, ma sono pezzi tecnologicamente non più così avanzati. Per quanto riguarda i russi, invece, il problema più rilevante riguardava la catena logistica, ma con i territori controllati che adesso sono tutti vicini al confine con la Federazione anche questa difficoltà è stata superata. Inoltre, dobbiamo ricordarci che l’aviazione russa non ha ancora espresso il massimo del suo potenziale. Pensate a cosa hanno fatto a Groznyj, in Cecenia: questo in Ucraina non è ancora successo e credo onestamente che non succederà.

Le conseguenze di questo divario si vedono già sul campo di battaglia?
Secondo me la Russia potrebbe già implementare la sua capacità di fuoco, non solo per quanto riguarda l’aviazione, ma anche con l’artiglieria. E forse anche nel settore aerospaziale. Parallelamente, ciò che la Nato sta inviando a Kiev non è di ultima generazione.

La Francia denuncia carenze di munizionamento, il Portogallo dice che non può più garantire le forniture a Kiev, mentre la Nato fa sapere che si sta lavorando per ricostituire le scorte di armi europee. L’Ucraina rischia di veder diminuire sensibilmente il flusso di armi nei prossimi mesi?
È probabile che succeda, quello che dicono questi governi e istituzioni è realtà. Noi come Europa abbiamo sempre avuto difficoltà di approvvigionamento e adesso stiamo raschiando il fondo del barile. Negli ultimi anni ci siamo concentrati sullo sviluppo dei sistemi radar ad alto contenuto tecnologico e abbiamo tralasciato l’aspetto delle armi convenzionali e del munizionamento. Questo vale però solo per l’Europa, mentre gli Stati Uniti si sono continuati a sviluppare anche se sono un po’ carenti sull’artiglieria a differenza dei russi.

Da settimane la Nato stimola i membri a fare un ulteriore sforzo sulle forniture. Temono seriamente che Kiev possa rimanere senza?
Sicuramente la preoccupazione che l’impalcatura Ucraina crolli esiste. Mosca vuole prendersi il Donbass e congiungerlo alla Crimea, vuole un’Ucraina divisa dal Dnepr come fu la Germania durante la Guerra Fredda. A est repubbliche indipendentiste governate da esponenti filo-Mosca, a ovest l’Ucraina di Zelensky. Ma questa formula, che Putin accetterebbe subito, è ovviamente irricevibile per Kiev.

Nel frattempo, però, Washington ha annunciato che aumenterà di sei volte la propria produzione di munizioni d’artiglieria. Sono ancora in tempo a garantire rifornimenti a Kiev o è troppo tardi?
Abbiamo una certezza quando si parla di Stati Uniti: hanno una tale capacità industriale che noi europei non possiamo nemmeno immaginare. Se vogliono possono mettere in piedi una catena di produzione che in poche settimane sarà in grado di produrre migliaia di pezzi di artiglieria al giorno.

Perché, allora, si parla di rischio rifornimenti per Kiev?
Perché gli Usa non sono la Russia. Mosca produce le armi che utilizza nel conflitto, Kiev invece le deve ricevere da Washington. E in America il consenso sulla guerra va sempre più scemando. La carenza, se si può parlare in questi termini, di forniture americane a Kiev non ha una radice industriale o militare, ma politica.

Ma questa situazione può far allungare i tempi di consegna degli armamenti?
Il rischio che si assista a un periodo di vuoto o stallo esiste. È anche vero che la Russia non potrebbe sfruttarlo aumentando enormemente la propria pressione sull’Ucraina e, di conseguenza, radendo al suolo intere città. Non stanno combattendo un nemico esterno, non la considerano la Cecenia. In alcune aree dell’Ucraina aspirano a governare e non puoi farlo se hai distrutto un intero territorio e massacrato la sua popolazione.

Articolo Successivo

Ucraina, 30mila proiettili di artiglieria ogni giorno: la guerra torna alle tattiche del XX secolo. E parte la corsa occidentale alle munizioni

next