Che Donald Trump avesse intenzione di ricandidarsi per tornare alla Casa Bianca era noto. Ma non era chiaro se potesse avere ancora appeal per la maggior parte degli elettori repubblicani. Ora, però, un sondaggio Reuters-Ipsos, dimostra che il 43% di loro sarebbe pronto a votare l’ex presidente, mentre il governatore della Florida Ron DeSantis, che però non ha ancora sciolto la riserva su una sua eventuale candidatura, lo segue col al 31%. Ferma al 4% invece l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, che ha annunciato ufficialmente la sua corsa oggi, dopo averla anticipata nelle settimane scorse.

I grandi donatori – Intanto la battaglia per il futuro del partito repubblicano è uno scontro tra gli interessi dei suoi grandi donatori e gli elettori della base. I donatori, rivela Axios, stanno in gran parte cercando un’alternativa a Donald Trump per il 2024, ma il tycoon mantiene ancora una forte presa sulla sua base populista che gli ha assicurato la vittoria nel 2016. A cercare di impedire che l’ex presidente vinca la nomination sono in particolare due gruppi repubblicani di orientamento ultraliberale: Americans For Prosperity (Afp), fondato dai fratelli miliardari Charles e David Koch, e il Club for Growth, che stanno pianificando di incanalare milioni di dollari nella campagna presidenziale per far perdere Trump.

Il primo ha annunciato che sosterrà uno specifico candidato entro l’estate, il secondo è meno probabile che si coalizzi intorno ad un solo sfidante. Il Club ha già invitato al proprio summit in Florida il prossimo mese il governatore della Florida Ron DeSantis, Haley, l’ex vicepresidente Mike Pence, l’ex segretario di stato Mike Pompeo, il senatore Tim Scott e il governatore della Virginia Glenn Youngkin. Trump invece non è stato invitato. Il Club for Growth aveva speso pesantemente (e inutilmente) contro il tycoon nel 2016, mentre Afp era rimasto fuori dalla competizione presidenziale sia nel 2016 che nel 2020. La sfida più grande per questi gruppi di finanziatori è la mancanza di coordinamento su un messaggio o una strategia. E questo andare in ordine sparso potrebbe favorire Trump, insieme al fattore tempo. “Come abbiamo visto nel 2016, il momento di fare la differenza è all’inizio. Il denaro può arrivare troppo tardi quando le narrative sono già fatte”, ha osservato uno stratega repubblicano che si occupa di presidenziali.

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