I Paesi Nato stanno continuando a sostenere lo sforzo militare di Kiev per respingere l’invasione russa, mentre Mosca ha già avviato l’offensiva di primavera che da mesi era attesa da analisti e governo ucraino. Il problema più urgente, ora, sono i rifornimenti, ha dichiarato il segretario della Nato Jens Stoltenberg, alla vigilia della riunione dei ministri della difesa dell’Alleanza Atlantica che si svolge oggi al quartier generale della Nato a Bruxelles. Perché in questo momento si consumano molte più munizioni di quante se ne producano e i tempi di consegna stanno raddoppiando. Una contingenza particolarmente problematica, visto che Putin sta inviando “migliaia e migliaia di truppe in più”, accettando “un tasso molto alto di perdite” e dunque mettendo sotto pressione Kiev, pur di spezzare il fronte a sud e a est.

“Ciò che la Russia manca in qualità, cerca di compensarlo in quantità”, ha continuato Stoltenberg, sottolineando quanto sia urgente per l’Occidente fornire all’Ucraina più armi. Guardando alle priorità, quella senz’altro più urgente è la consegna dei carri armati, “i Leopard e gli altri che sono stati promessi, nonché i veicoli blindati di fanteria. Ed è quello che stanno facendo gli alleati. Poi bisogna far sì che ci siano le munizioni. I jet non sono la questione più urgente ora, ma il dibattito è in corso perché le necessità dell’Ucraina evolvono con l’evolversi della guerra”. Il nodo delle munizioni infatti resta cruciale: la guerra in Ucraina ne sta consumando “un’enorme quantità e sta esaurendo le scorte alleate – ha ammesso Stoltenberg in conferenza stampa, sollecitando i Paesi a stringere nuovi accordi con l’industria della difesa per aprire nuovi impianti, quindi a investire e aumentare la produzione -. L’attuale tasso di utilizzo delle munizioni dell’Ucraina è molte volte superiore al nostro attuale tasso di produzione. Questo mette a dura prova le nostre industrie della difesa. Ad esempio, il tempo di attesa per le munizioni di grosso calibro è passato da 12 a 28 mesi: gli ordini effettuati oggi verranno consegnati solo due anni e mezzo dopo. Dobbiamo quindi aumentare la produzione. E investire nella nostra capacità produttiva”. Per fare un esempio rispetto ai tempi, “il tempo di attesa per le munizioni di grosso calibro è passato da 12 a 28 mesi. Gli ordini effettuati oggi potrebbero essere consegnati solo due anni e mezzo dopo. Quindi dobbiamo aumentare la produzione e investire nella nostra capacità produttiva”, ha spiegato.

Alcuni Paesi, fra cui Francia, Stati Uniti e Norvegia hanno già stretto nuovi accordi per incrementare la produzione, firmando contratti pluriennali con l’industria che ha già la capacità di aumentarla nel breve tempo, con più turni. E quello delle munizioni è un problema che investe anche la Russia. “Questa è una guerra di attrito (ovvero un conflitto dove la strategia consiste nel fiaccare il nemico infliggendogli costanti perdite di carattere personale e materiale, ndr), quindi è una battaglia per la logistica, per la capacità dell’industria di aumentare la produzione”.

Lo sforzo militare e le aree di attrito – Al di là di quello che possano (o meno) fare i Paesi alleati, alla Nato si respira una certa preoccupazione. “Dobbiamo contemplare l’idea che gli ucraini perdano dei territori, dopo tutto stanno combattendo contro la Russia“, confida un’alta fonte diplomatica alleata, preoccupata che i successi della tarda estate e dell’autunno abbiano mostrato alle opinioni pubbliche occidentali un’Ucraina più forte di quanto non sia in realtà. Dunque. Benissimo il dibattito sui tank e sui jet ma dai campi di battaglia arrivano richieste ben più banali – munizioni, carburante, pezzi di ricambio – e tutto ciò deve essere organizzato alla perfezione. Si tratta di uno sforzo non banale. Prendiamo le munizioni: l’Ucraina ne usa più di quanto la Nato possa al momento fabbricarne. Da qui la necessità di aumentare “la produzione”, da un lato, e “le capacità produttive”, dall’altro. Ovvero, banalmente, nuove fabbriche e non solo più turni sulle linee esistenti. La guerra insomma ha cambiato totalmente il quadro e gli alleati, che hanno stabilito l’anno scorso a Madrid un grande piano di rigenerazione della Nato, ora sono chiamati a metterla in pratica. E questo significa maggiori spese. Le aree di attrito, d’altra parte, aumentano. Oltre ai tre domini tradizionali – mare, terra e aria – adesso si devono presidiare il digitale e lo spazio. La Nato, tanto per dire, nel corso del weekend è stata vittima di attacchi hacker. “Ma solo ai nostri siti rivolti al pubblico”, ha rassicurato Stoltenberg. La rete di comunicazioni protette, dove girano le informazioni classificate, non è stata toccata.

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