La vincitrice di quest’anno di Sanremo potrebbe benissimo essere Caterina Caselli, se solo avesse partecipato. Lei, infatti, potrebbe davvero insegnare qualcosa di importante sulla gestione delle emozioni nella relazione con i giovani, sia come genitori che come insegnanti.

Un appello per una comprensione profonda

L’episodio di Blanco, che ha distrutto le composizioni di rose sul palco a Sanremo, ha riaperto il dibattito sul giudizio, piuttosto che sulla comprensione delle emozioni. Il professor Enrico Galiano, che conosce bene i giovani grazie al successo dei suoi libri che parlano direttamente a loro, afferma che la reazione immediata è stata quella di accusare i giovani di essere maleducati e privi di rispetto, ma che questa è una risposta sbagliata. Gli adulti tendono a giudicare i comportamenti dei giovani senza ascoltarli veramente e che, se lo facessero, scoprirebbero cose interessanti su di loro. Il giudizio spesso genera odio gratuito, non è mai una via d’uscita al malessere.

In realtà, l’episodio di Blanco a Sanremo 2023 ha evidenziato la difficoltà che molti, giovani e adulti, incontrano nella gestione della rabbia e delle emozioni.

Chi siamo noi per giudicare?

Chi siamo noi per giudicare Blanco in uno spettacolo dove la sceneggiatura stessa dello spettacolo era, come minimo, inadeguata? Qual è la differenza tra la violenza di Blanco sul palco e quella che c’è nel far esibire un ottantenne come Gino Paoli che critica i comportamenti sessuali della moglie di un suo amico con nome e cognome? Sono davvero così diversi?

Siamo tutti influenzati dal giudizio. Ogni tanto avremmo bisogno di fermare e spegnere la televisione e internet.

Dai tempi di Aristotele, gli anziani hanno sempre avuto qualcosa da ridire sugli usi, costumi, atteggiamenti e valori delle generazioni più giovani. Il primo a brontolare è Aristotele, che ne parla già nel suo Retorica del IV secolo a.C. Giudicare gli altri è il miglior modo per evitare il confronto con noi stessi.

Serve comprensione profonda verso i giovani e verso noi stessi

Il pensiero corre a tanti episodi, anche recenti, con cui ogni giorno chi lavora nella scuola si trova a fare i conti e vengono trascurati dalle famiglie che si accontentano di parcheggiare i figli a scuola senza prendersi le responsabilità che gli competono. È più facile giudicare che prendersi la responsabilità di ascoltare. Di ammettere la difficoltà.

Si parla tanto, anche troppo, di formazione degli insegnanti. E di come la formazione sulla gestione della rabbia sia fondamentale per aiutare i giovani a comprendere e gestire le loro emozioni, contenendo le esplosioni di ira a scuola. La formazione dei docenti è certamente un investimento importante per aiutare i giovani a crescere e sviluppare la loro intelligenza e autodeterminazione ma le famiglie? E i genitori? Chi forma i genitori?

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