Dov’è finito lo spirito ribelle e intransigente che ha forgiato il carattere della comunità reggiana? Noi di Agende Rosse di Reggio Emilia ce lo stiamo chiedendo. Lo facciamo ogni volta che organizziamo eventi nei luoghi più significativi dei comuni, intitolati a fatti e protagonisti della storia locale, nazionale e internazionale che, nella terra reggiana, più che in altri luoghi, costituiscono una sorta di pantheon diffuso dedicato all’impegno civile a futura memoria per le generazioni future.

Ce lo chiediamo anche ora che siamo usciti dalla Consulta per la Legalità del comune di Reggio Emilia. Era il giorno 8 gennaio 2023. Una decisione ponderata, meditata e non pianificata contro qualcuno o contro qualcosa, ma piuttosto un estremo tentativo di smuovere le coscienze, per ragionare sul ruolo e sul senso di un organismo che in cinque anni non ha mosso nulla.

Fa male sentire che l’Emilia Romagna è stata classificata Distretto di Mafia dal Procuratore Generale della Corte di Appello di Bologna, Lucia Musti, la quale, durante l’apertura dell’anno giudiziario 2023, ha aggiunto: “Le risultanze processuali mi consentono di ritenere che il distretto Emilia-Romagna è madre adottiva delle mafie. Il distretto Emilia-Romagna non ha generato alcuna mafia; dunque possiamo dire che questo distretto non è madre naturale di alcuna mafia. Ciò nonostante, è madre adottiva. […] Hanno un Dna d’origine determinato dal patrimonio genetico della madre naturale, sono state purtroppo felicemente adottate dall’Emilia-Romagna e, dunque, ne sono figlie adottive”. Occorre quindi partire da questo lapidario tragico riassunto per comprendere la nostra preoccupazione che è alla base della nostra decisione.

Nato nel 2014, il gruppo Agende Rosse di Reggio Emilia e Provincia, in tutti questi anni, ha lavorato incessantemente per portare quel patrimonio di consapevolezza e conoscenza tra le persone, maturato col maxi-processo Aemilia, attraverso giornalisti esperti come Paolo Bonacini e Tiziano Soresina. Dal 2014 ad oggi le inchieste e i processi sembrano non aver fine.

Abbiamo aderito alla Consulta Permanente per la Legalità del Comune di Reggio Emilia fin dalla sua costituzione. Ci piaceva l’idea di un confronto permanente attraverso i tavoli di lavoro tematici, convinti di poter dare il nostro contributo per l’avvio di un percorso culturale sul tema del contrasto alle mafie. Grazie anche ad un comitato scientifico di tutto rispetto composto da Stefania Pellegrini, professore di Sociologia del diritto e del corso “Mafie e antimafia” all’Università di Bologna, ed Enzo Ciconte, studioso dei fenomeni mafiosi al nord e consulente per la Commissione parlamentare antimafia.

“Qui si lavora o si va a casa!”. Questi erano i toni che aprivano il patto fondativo della Consulta in seduta pubblica nella Sala Rossa del Municipio e la sensazione era che si stesse per aprire davvero una “fase nuova”. Col passare dei mesi però qualcosa inizia a incepparsi. La Consulta veniva convocata pochissimo e, con il passare degli anni, sempre meno: 7 incontri tra il 2018 e il 2022! Nei rari incontri svolti, il numero di partecipanti era tale da impedire qualsiasi confronto costruttivo e, ogni osservazione da parte nostra per mettere a tema l’assenza di dibattito, veniva sminuita dal sindaco e dall’Assessore alla Legalità Nicola Tria.

Tra di noi i dubbi erano tanti e presto maturammo l’idea che non era possibile alcun cambiamento. Anche la costituzione di una Cabina di Regia Ristretta, per snellire i lavori, non portò ad alcun esito. Le nostre proposte e richieste inviate formalmente alla segreteria del sindaco continuavano a restare senza risposta. Nel tempo le convocazioni si diradarono a tal punto da farci dubitare dell’esistenza della Consulta stessa: “Ma ci sarà ancora?”. Nessuno dei membri del tavolo però, si azzardava a sollevare obiezioni.

La Consulta come “punto di riferimento” per la lotta alla mafia era ormai un tema tramontato, un’occasione persa insieme ai tavoli di lavoro. La sensazione era di essere chiusi dentro a una scatola vuota. Paolo Bonacini, il referente del tavolo Dep (documentazione, educazione e prevenzione), si rese subito conto di questa situazione. Infatti se ne andò, sollevando il problema dell’immobilismo e dell’eccessiva formalità. Non prima però di aver fatto quello per cui era stato chiamato: un lavoro di documentazione importante ma che ora giace abbandonato in un cassetto. Una perdita grave, misura dello sperpero del patrimonio di cultura e conoscenza maturate negli anni, generato da un pressapochismo colposo e dannoso: altro che valorizzazione del capitale di esperienze e competenze!

Nel frattempo, da alcuni membri della Consulta, arrivano delle proposte concrete che vengono lasciate morire: prima quella della Cgil, che sei mesi fa lanciò l’idea di invitare il Procuratore di Reggio Emilia e il Prefetto ad una seduta; in seguito, nel novembre scorso, la richiesta urgente di noi Agende Rosse, di riunire la Consulta per gli attacchi alle interdittive antimafia del Prefetto di Reggio Emilia da parte di Antonio Ceraso, allora candidato sindaco di Cutro, fatte proprio qui a Reggio. Dalla segreteria del sindaco nessuna risposta! Dopo le nostre dimissioni, apprendiamo che il Prefetto e il Questore di Reggio Emilia, sarebbero intervenuti da remoto alla Consulta fissata dal sindaco il 18 gennaio 2023. Riteniamo questo un fatto assolutamente positivo ma è anche la prova che le cose si sarebbero potute fare sei mesi prima.

Le Consulte sono motori di democrazia partecipata e strumenti di mediazione tra i cittadini e le istituzioni, ma per farle funzionare servono sensibilità e lungimiranza e non si possono ridurre ad un mero aspetto formale o, peggio, a spazio permanente di propaganda. La Consulta, così com’è, non rispecchia la gravità di un fenomeno pervasivo e in continua evoluzione come la ‘ndrangheta, radicata e figlia adottiva di un territorio che vanta il triste primato del primo comune sciolto per mafia dell’Emilia Romagna, Brescello.

Le dichiarazioni e le reazioni alle nostre dimissioni (che hanno preceduto di un giorno quelle del sindaco di Castelnovo né Monti, Enrico Bini) dimostrano la scorretta comunicazione da parte del sindaco Luca Vecchi e L’assessore Tria che, per giustificarsi, ricorrono all’ingannevole strategia comunicativa dell’argomento fantoccio, attribuendo ad Agende Rosse dichiarazioni non veritiere. Fanno anche l’elenco di quello che il comune ha fatto in questi anni contro la mafia (protocolli, sportello legalità, ecc…), cose giuste e condivisibili, ma che non c’entrano con la Consulta. Dal canto loro le associazioni e sindacati presenti nella Consulta, criticano Agende Rosse accusandole sostanzialmente di viltà: una resa senza combattere! Dimenticano però che a febbraio 2021 avevamo già sollevato il problema a mezzo stampa ma, evidentemente, chi ora ci critica sui modi (ma condividendone i contenuti!) ha la memoria corta. Noi di Agende Rosse usciamo dalla Consulta ma non ci eclissiamo. Continueremo a chiedere conto alla politica attraverso le nostre proposte, usando tutti i canali necessari. Non chiuderemo alle collaborazioni e al dialogo con associazioni ed enti locali. Riteniamo solamente questa Consulta, così com’è organizzata, un luogo inadeguato per un confronto costruttivo, in grado di generare azioni concrete, cominciando dalla formazione e dalla documentazione, strumenti necessari e spendibili a vari livelli per prevenire e contrastare più efficacemente la cultura mafiosa. Non vogliamo essere corresponsabili e testimoni muti di un immobilismo asfittico; usciamo con coraggio e dignità tenendo la schiena dritta, continuando ad essere interlocutori credibili nei confronti dei cittadini e delle cittadine.

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