La premier non è contenta. Così, è arrivata la telefonata da Roma. E adesso l’Assemblea regionale siciliana ci sta ripensando. Ed è pronta non solo a bloccare il meccanismo che adegua ogni anno gli stipendi dei consiglieri regionali al costo della vita, ma anche a “restituire” in qualche modo gli aumenti di stipendio approvati due giorni fa insieme al bilancio interno del Parlamento siciliano.

Il malcontento di Meloni – Sarebbe stata la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a esprimere il proprio disappunto per le notizie provenienti dall’Isola. Un aumento da quasi 900 euro lordi al mese per ognuno dei settanta deputati, giustificato dall’automatismo introdotto da una legge del 2014. Si tratta della norma con la quale l’Assemblea siciliana ha recepito la riforma Monti sui costi della politica. In quell’occasione, i legislatori regionali, insieme a un ridimensionamento della busta paga avevano approvato anche l’adeguamento annuale all’inflazione.

Il costo della vita per i deputati – Insomma, quest’anno, formalmente, non è accaduto nulla di nuovo. Dal 2014, infatti, gli “onorevoli stipendi” vengono indicizzati sulla base dei valori Istat. Valori che però si erano mantenuti finora attorno a pochi decimali. Ma il picco dell’inflazione dovuto agli strascichi della pandemia e soprattutto alle conseguenze del conflitto in Ucraina ha fatto impennare quel parametro, fin oltre l’8 percento. Da qui, l’aumento da quasi 900 euro mensili a deputato che ha fatto indignare chi è alle prese con difficoltà quotidiane. E ha uno stipendio molto inferiore agli 11.100 euro, previsti ogni mese – tra indennità e diaria – per ogni deputato.

Cosa fare adesso – Tra gli “indignati”, però, ci sarebbero, appunto, anche alcuni big di Fratelli d’Italia. Così, da Roma sarebbe arrivata una richiesta di passo indietro: bisogna intervenire al più presto. E in effetti, dai meloniani è partita la strategia per correre ai ripari. Un cammino non semplice, a dire il vero, considerati sia gli aspetti giuridici che quelli “di contesto”: dopo l’approvazione della norma, infatti, nessun gruppo politico dell’Ars si è esposto pubblicamente contro quell’aumento, a conferma delle difficoltà che potrebbero profilarsi di fronte a una richiesta di rinuncia. Solo 48 ore dopo il via libera all’aumento è arrivato un comunicato dei 5 stelle, col capogruppo Antonio De Luca che promette: “Rinunceremo e devolveremo le somme relative a progetti per la pubblica utilità, come del resto abbiamo sempre fatto con parte dei nostri stipendi”.

La norma – Come detto, però, si interverrà. In che modo? Il presidente del gruppo di Fratelli d’Italia all’Ars, Giorgio Assenza, porterà nella conferenza dei capigruppo una proposta per bloccare dal 2023 in poi l’indicizzazione Istat degli stipendi dei consiglieri regionali, che in Sicilia si chiamano deputati. Una richiesta che – si pensa ai piani alti di Palazzo dei Normanni – difficilmente potrà incontrare l’opposizione di qualche gruppo parlamentare. Ma non dovrebbe essere tutto qui. Sempre Fratelli d’Italia preparerà un Ordine del giorno col quale impegnerà il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, (che milita pure lui in Fratelli d’Italia) a trovare nei prossimi 45 giorni gli strumenti giuridici per richiedere la “restituzione” dell’aumento approvato due giorni fa. E qui la strada rischia di farsi più in salita.

I tempi di Galvagno – Ma la presidenza dell’Ars si muoverà in quella direzione. Del resto, dai vertici dell’Assemblea si fa notare che non ci fossero i tempi tecnici per intervenire prima sulla legge. In effetti, le Commissioni legislative si sono insediate solo il 26 novembre scorso, quando l’Ars si è ritrovata già in piena sessione di manovra economica, con le variazioni di bilancio da approvare in pochi giorni. Adesso, però, l’input di Roma ha azionato il meccanismo.

Il malcontento del Palazzo – Nei corridoi di Palazzo dei Normanni, però, non mancano i mugugni. Per alcuni consiglieri regionali, infatti, la marcia indietro sarebbe una mossa puramente propagandistica. Per altri, si tratta di una azione senza presupposti dal punto di vista legale. Si vedrà. Intanto, una delle reazioni più curiose è quella dell’ex presidente dell’Ars Gianfranco Micciché. Il coordinatore di Forza Italia infatti ha presentato un emendamento alla Finanziaria che suona come una provocazione politica: “Considerato l’invito romano perentorio ricevuto dal Presidente dell’Assemblea regionale siciliana circa l’odg che eliminerebbe l’adeguamento Istat per i deputati regionali, – si legge nella relazione tecnica all’emendamento – ritengo che questa indicazione non sia solo necessaria ma, alla luce del particolare momento di difficoltà in cui versa la nostra regione, appaia più probante mantenere inalterato l’adeguamento riducendo piuttosto la base di partenza da euro 11.100 lordi ad euro 2,00 lordi“. Insomma, altro che adeguamento, si rinunci (quasi) per intero allo stipendio, propone Micciché. Ma a occhio e croce, la proposta non verrà approvata.

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