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Gli attacchi al reddito di cittadinanza trovano consenso tra chi esercita invidia sociale

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di Michele Versace

La libertà non è gratis, implica l’assunzione di responsabilità, prima tra tutte l’onere delle decisioni per se stessi e per gli altri, e di conseguenza la soluzione dei problemi che queste scelte implicano.

Al contrario, rinunciare a parte della nostra libertà consente di vivere spensieratamente, come quando si era bambini ed erano i genitori a scegliere per noi, e tanto bastava.

Questo bisogno di delegare aumenta all’aumentare dell’inquietudine sociale, all’avvicinarsi di un pericolo, vero o presunto; di una minaccia al nostro stile di vita, al nostro benessere o alla nostra sicurezza. E più è grave la minaccia (vera o presunta), tanto maggiore sarà la parte di libertà alla quale saremo disposti a rinunciare.

Questo schema mentale funziona in tutto il mondo, ed è alla base dell’affermazione delle dittature.

Da noi c’è un fattore aggiuntivo, una caratteristica peculiare del nostro paese: l’italiano medio è più appagato nel sapere di avere una condizione migliore del suo vicino di casa, anche a costo di rimetterci, piuttosto che accettare un miglioramento generalizzato ed equo che comprenda pure se stesso. Deve sentirsi migliore di altri, deve avere qualcuno da biasimare o disprezzare, e questo è il terreno di coltura, molto fertile, su cui nacque il fascismo.

Oggi non si usano più manganello e olio di ricino, ma al di là dei mezzi adoperati, il fascismo permane e persegue sempre il suo naturale scopo, che consiste nella tutela dei privilegi di alcuni a scapito del bene comune.

L’attacco al reddito di cittadinanza trova consenso tra le persone che rispondono a quanto descritto sull’invidia sociale che rasenta il masochismo, e che cento anni fa avrebbero probabilmente indossato una camicia nera.

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