Su 95 città monitorate 25 violano la legge superando i limiti giornalieri di PM10. Le situazioni peggiori a Torino, Milano, Modena, Asti, Padova e Venezia che hanno registrato più del doppio degli sforamenti consentiti. Ma questi sono i dati del 2022 rispetto alle attuali norme. La situazione è ancora più critica se si tengono presenti i nuovi target europei previsti al 2030, che vedrebbero fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per il biossido di azoto (NO2). È quanto emerge dal nuovo report di Legambiente “Mal’Aria di città. Cambio di passo cercasi”, redatto e pubblicato nell’ambito della Clean Cities Campaign, che prende il via dal primo febbraio a Torino, per poi spostarsi a Genova (6 e 7 febbraio) e Milano (8 e 9 febbraio) e proseguirà fino al 2 marzo, facendo tappa in 17 capoluoghi. “L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza” spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ricordando che “in Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali” e che “l’Italia registra un triste primato con più di 52mila decessi all’anno da PM2.5, il 20% di quelli registrati in tutto il continente”.

I limiti di PM 10
Tra le quasi trenta città che hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi al metro cubo) Torino è al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano (84), Asti (79), Modena (75), Padova e Venezia con 70 giorni. Analizzando le medie annuali, nessuna di queste città ha superato il limite previsto dalla legge “ma ciò non è sufficiente a garantire la salute dei cittadini – sottolinea Legambiente – in considerazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 1 gennaio 2030”. I nuovi target sono 20 microgrammi al metro cubo da non superare per il PM10, 10 per il PM2.5, 20 per il biossido di azoto.

Le città in ritardo
Per il PM10, sarebbero solo 23 su 95 (il 24% del totale) le città “in regola” che non hanno superato la soglia di 20 microgrammi al metro cubo, mentre 72 sarebbero fuorilegge. Le città che devono lavorare di più per ridurre le concentrazioni sono Torino e Milano (riduzione necessaria del 43%), ma anche Cremona (42%), Andria (41%) e Alessandria (40%). Per il PM 2.5 sono Monza (60%), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (57%), Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia, Asti e Mantova (50%). Per l’NO2 sono, ancora una volta, Milano (47%) e Torino (46%) e, poi, Palermo (44%), Como (43%), Catania (41%), Roma (39%), Monza, Genova, Trento e Bolzano (34%). “Le città italiane dovranno lavorare duramente per adeguarsi ai nuovi limiti entro i prossimi sette anni – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – soprattutto considerando che i trend di riduzione dell’inquinamento finora registrati non sono incoraggianti”. Il tasso medio annuale di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è, infatti, di solo il 2% per il PM10 e del 3% per l’NO2. Le città più distanti dall’obiettivo per il PM10 dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni tra il 30% e il 43% entro i prossimi sette anni, ma stando ai trend degli ultimi 10 anni, potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni, raggiungendo il target al 2040 anziché al 2030. “Città come Modena, Treviso, Vercelli potrebbero metterci oltre 30 anni. Anche per l’NO2 la situazione è analoga – si spiega nel report – e una città come Catania potrebbe impiegarci più di 40 anni”.

Le proposte e la petizione
Quest’anno Legambiente lancia la petizione on-line “Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog!, con la quale chiede al Governo Meloni risposte urgenti nella lotta allo smog e propone una serie di interventi “a misura di città”. Tra questi, il passaggio dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle Zez (Zone a zero emissioni). “Come dimostra l’esperienza di Milano (con l’area B) e, soprattutto, dell’ultra Low Emission Zone londinese, le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti riducono le emissioni da traffico del 30% e del 40%” sottolinea l’associazione, secondo cui serve anche “un grande piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata”, incentivando una drastica riconversione delle abitazioni ad emissioni zero “con la capillare diffusione di misure strutturali, come il superbonus, opportunamente corretto dagli errori del passato come gli incentivi alla sostituzione delle caldaie a gas”. Altro capitolo è quello del trasporto pubblico e del trasporto rapido di massa: per Legambiente bisogna puntare a quadruplicare l’offerta di linea, promuovendo abbonamenti integrati, come fatto dalla Germania nell’estate del 2022. Allo stesso tempo va incentivata la mobilità elettrica condivisa (micro, bici, auto, van e cargo bike) “realizzando altri 16mila chilometri di percorsi ciclabili”. E poi “città 30” all’ora seguendo l’esempio di Cesena, Torino, Bologna e Milano e “tutto elettrico anche prima del 2035”, con la progressiva estensione delle Zone a zero emissioni e la triplicazione dell’immatricolazione di autobus elettrici e dell’istituzione dei distretti Zed (Zero emissions distribution).

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