Per la prima volta da 60 anni la popolazione cinese è in calo. Nel 2022 le persone che vivono nel paese sono diminuite di 850mila unità, attestandosi a 1 miliardo e 411 milioni. Secondo i demografi un punto di svolta storico che era nell’aria, viste le tendenze negli ultimi anni ma che avrà ricadute importanti anche di natura economica. La semplice crescita della popolazione è un fattore che già di per se spinge le dimensioni del Prodotto interno lordo mentre l’invecchiamento della popolazione significa anche più spesa pubblica per sanità e pensioni e rimodellamento dei consumi. Lo scorso anno il Pil cinese è cresciuto del 3%, leggermente più delle attese, ma al di sotto dell’obiettivo del 5,5% indicato dal governo centrale e in decisa frenata rispetto al + 8,4% del 2021.

Ci sono sospetti che la popolazione fosse in discesa già del 2018 ma che i dati siano stati sinora occultati dalle autorità. Secondo quanto comunicato oggi dall’Ufficio nazionale di statistica nel 2022 in Cina sono nati 9milioni e 560mila bambini, un milione in meno del 2021. Il tasso di natalità è sceso a 6,77 nati ogni mille abitanti a fronte di un valore di 10,4 del 2019. Viceversa il tasso di mortalità è salito da 7,09 a 7,37 su mille. Il numero di donne in età da maternità (tra i 15 e i 49 anni) scende di 4 milioni. Insieme a Giappone e Corea del Sud, la Cina ha oggi uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo, al di sotto del valore necessario per mantenere costante la dimensione della popolazione.

Le Nazioni unite prevedono che la popolazione cinese scenderà a 1,31 miliardi entro il 2050 e a 767 milioni entro la fine del secolo. Già per quest’anno è invece atteso il sorpasso dell’India ai danni della Cina per numero di abitanti. Nel 2020 gli economisti Charles Goodhart e Manoj Pradhan hanno pubblicato il libro “The Great Demographic Reversal: Ageing society, waning inequality and inflation revaival” in cui spiegano, tra l’altro, come l’invecchiamento della popolazione cinese potrebbe avere un impatto sull’inflazione a livello globale e favorire un recupero del potere contrattuali dei lavoratori occidentali. Questo, in sostanza, perché ci sono meno lavoratori a basso costo. C’è chi obietta che un maggiore ricorso all’automazione potrà compensare questa dinamica.

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