È un tumore killer che attacca senza particolari avvisaglie. Il tumore al pancreas si caratterizza proprio per il tipo di sintomi che si individuano quasi sempre quando il tumore è in stadio avanzato. Colpisce in Italia circa 14mila persone all’anno. Oggi se ne sta parlando diffusamente anche perché, purtroppo, ha determinato il decesso del campione di calcio Gianluca Vialli.

“Molto spesso il tumore al pancreas si segnala con la comparsa di ittero, ma a quel punto, nell’80% dei casi, il tumore è molto avanzato se non addirittura metastatico per cui non è possibile l’intervento chirurgico”, ci spiega Francesco Novelli, professore ordinario di immunologia e Direttore del Dipartimento di biotecnologie molecolari e scienze per la salute dell’università di Torino, coordinatore del progetto di ricerca del vaccino 2.0 a Dna per la cura del tumore al pancreas. Uno studio che potrebbe dare speranze in più ai pazienti colpiti da questa patologia. Grazie infatti ai fondi del Pnrr, è stato assegnato all’ospedale Molinette di Torino un finanziamento di 950mila euro per il progetto. La ricerca è sviluppata con il sostegno della Fondazione ricerca Molinette onlus, e sarà condotta insieme all’Unità del policlinico Giaccone di Palermo, guidato da Serena Meraviglia. Lo scopo è validare “Eno3pep” – questo il suo nome – come vaccino di seconda generazione, virtualmente somministrabile a tutti i pazienti con tumore pancreatico.

Di fatto, la diagnosi precoce è un problema che resta aperto. “Ci sono fattori di rischio, come il consumo di alcol, obesità, diabete precoce, pancreatite cronica che forse possono spiegare, in parte, il fatto che negli ultimi anni ne vengano colpite persone sempre più giovani, trai 40-50 anni, un fenomeno che non si verificava in passato. In ogni caso, non esistono al momento dei marcatori diagnostici affidabili che permettano un’individuazione tempestiva di questo tumore”, sottolinea Novelli. “Spesso capita che il tumore pancreatico si scopra, per caso, dopo un’ecografia o una Tac, effettuati per altri motivi. Ma se il tumore viene scoperto di dimensioni superiori ai 2 cm, diventa molto difficile curarlo”.

Professor Novelli, attualmente le cure si basano su chemio e radioterapia, con quali risultati?
“Il tumore al pancreas mostra un’elevata resistenza a queste terapie. Negli ultimi anni ci sono nuove cure chemioterapiche che hanno migliorato la risposta pur con effetti collaterali molto forti. Ma i risultati restano limitati: siamo passati a una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi dal 5% all’8%”.

C’è poi un 20% di pazienti che può sottoporsi all’intervento chirurgico.
“Sì, la chirurgia è possibile sui tumori localizzati nel pancreas senza invasione dei vasi sanguigni o altri organi e la sopravvivenza a 5 anni aumenta dall’8 al 20%; ma anche in questi casi le recidive sono molto frequenti. La chirurgia del tumore del pancreas è molto complessa con elevati rischi di mortalità operatoria. È stato dimostrato però che la mortalità operatoria è molto diminuita nei centri dove si fanno molti interventi all’anno di questo tipo, con equipe specializzate”.

Lei è un immunologo. Mi conferma che nemmeno l’immunoterapia ha dato indicazioni positive per il tumore al pancreas?
“Le recenti immunoterapie utilizzate in altri tipi di tumore – come melanoma o altre neoplasie – nel tumore al pancreas purtroppo non hanno funzionato”.

Quindi allo stato attuale, qualche speranza si potrebbe avere dalla messa a punto di un vaccino, come quello che avete iniziato a sperimentare.
“Con l’attività del nostro laboratorio, abbiamo brevettato un vaccino di 2° generazione. Questi studi hanno portato all’identificazione di una proteina iper-espressa nel tumore del pancreas, l’alfa-enolasi, capace di scatenare in molti pazienti con tumore pancreatico sia una risposta anticorpale sia l’attivazione di linfociti T antitumore. Questa proprietà immunostimolante ha suggerito lo sviluppo di un vaccino a DNA, codificante l’intera sequenza di alfa-enolasi che si è rivelato efficace, e in maggior misura in combinazione con la chemioterapia, nel ritardare la progressione del tumore pancreatico, in modelli animali, senza tuttavia eradicarlo del tutto”.

Qual è ora il passo successivo?
“È un approccio nuovo da un punto di vista farmacologico. Attualmente, sono in corso studi pre-clinici di biodistribuzione e tossicità su campioni animali per garantire la sicurezza del vaccino. Dopo di che, sulla base di questi dati, forniremo una documentazione all’Agenzia italiana del farmaco per richiedere l’autorizzazione alla sperimentazione su un piccolo campione umano di 10-15 pazienti. Bisogna verificare che in questi pazienti il vaccino non provochi effetti collaterali o insorgano problematiche mediche di altro tipo. Successivamente si apre la fase 2, dove bisogna verificare l’efficacia del vaccino per quanto riguarda l’attivazione della risposta immunitaria specifica e la risposta terapeutica dei pazienti. E se anche questa fase verrà superata, avvieremo una vera e propria sperimentazione su un grande gruppo di pazienti. Per arrivare, come si spera, a valutare il miglioramento della sopravvivenza dei pazienti che sono stati vaccinati rispetto a un gruppo di controllo a cui è stato somministrato il ‘placebo’. Il processo è ancora lungo, ma deve iniziare, occorrono altri finanziamenti e aziende interessate poi a produrre questo vaccino. Ma dobbiamo partire, perché attualmente non abbiamo a disposizione altri strumenti efficaci per dare una speranza di vita ai pazienti colpiti dal tumore al pancreas”.

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