“La Abbott è una multinazionale che avrà anche pelo sullo stomaco, ma grosse c…te non ne butta fuori. Li usano in America! Adesso, va bene tutto: se sono quelli cinesi anche no, capisci?”. Nuove intercettazioni nell’affaire dei test rapidi anti-Covid sembrano raccontare una scelta affrettata da parte della Regione Veneto durante la seconda ondata della pandemia, nell’inverno 2020, che poi li utilizzò su vasta scala. La Regione balzò ai vertici delle classifiche per numero di tamponi effettuati al punto che in piena recrudescenza, a dicembre, il governatore Luca Zaia continuava a ripetere: “Noi abbiamo più positivi degli altri perché facciamo più test, siamo come una Ferrari, mentre gli altri corrono su una Cinquecento”. Fu un momento cruciale: la giunta regionale e Azienda Zero, che gestisce gli affari sanitari pubblici in Veneto, decisero di dar corso all’ordinazione di kit per due milioni di euro, poi finita sotto inchiesta. Si trattava del primo ordinativo alla statunitense Abbott di un appalto che avrebbe coinvolto altre regioni italiane e che puntava a forniture per 148 milioni di euro. Erano coinvolti in quell’affare, oltre al Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, provincia autonoma di Trento, Friuli Venezia Giulia e Piemonte.

LA DENUNCIA DI CRISANTI. Una doppia richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata la scorsa estate dal sostituto procuratore Benedetto Roberti dopo aver approfondito quanto contenuto nell’esposto che era stato presentato il 24 novembre 2020 dal professore Andrea Crisanti (senatore del Pd dallo scorso ottobre), ora dimessosi dall’università di Padova dopo la diffusione delle intercettazioni telefoniche riguardanti il governatore Luca Zaia. Il presidente leghista nel maggio 2021 rimprovera il direttore di Azienda Zero, Roberto Toniolo: “Sono qua a rompermi i coglioni da 16 mesi, stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al Senato Accademico per sistemare Crisanti!”. Quest’ultimo aveva effettuato uno screening su oltre 1.500 persone e aveva accertato che i test rapidi non intercettavano tre positivi su 10, a differenza dei tamponi molecolari. Utilizzarli come metodo di prevenzione in strutture ad alto rischio (ad esempio case di riposo ed ospedali) avrebbe quindi prodotto disastri.

DUE INDAGATI. Il Pm Roberti ha approfondito le modalità della scelta e ha indagato il dottor Roberto Rigoli, responsabile dei laboratori di microbiologia del Veneto, nonché dirigente a Treviso, e la dottoressa Patrizia Simionato, già direttore generale di Azienda Zero. Ha chiesto il rinvio a giudizio di entrambi per i reati di concorso in falso ideologico e turbativa d’asta, mentre il solo Rigoli anche per frode processuale (avrebbe cercato di depistare gli investigatori nel corso dell’indagine). Il motivo? Avrebbero dichiarato che il test era stato verificato, mentre era stato effettuato solo un campione in pronto soccorso a Treviso. Non ne avevano eseguiti di più perché i campioni della Abbott, secondo la Procura, erano arrivati in Italia solo a fine agosto. La relazione di Crisanti era stata consegnata al dottor Luciano Fior, direttore generale della Sanità del Veneto il 21 ottobre successivo, quando gli ordini erano già stati fatti. È per questo che Crisanti ha commentato: “Se fosse stata presa sul serio la ricerca, peraltro pubblicata su Nature, sarebbero saltati enormi interessi economici, visto che Azienda Zero ha speso oltre 200 milioni di euro nei tamponi antigenici. Nonostante lo stesso foglietto illustrativo della Abbott, la casa produttrice, confermasse le raccomandazioni di Oms e Ue, che li sconsigliavano per gli screening. E invece nel Veneto venivano usati per testare i sanitari, gli ospiti e il personale delle Rsa”.

“CIAO PRESIDENTE, HO FATTO LA PRIMA PROVA…”. Le intercettazioni raccontano la concitazione che portò alla scelta dei tamponi rapidi. Sono state effettuate per caso, da un altro Pm che stava indagando sugli appalti delle mense ospedaliere. Sentì quei dialoghi e li dirottò al Pm Roberti. A parlare sono Roberto Rigoli e Patrizia Simionato. Siamo a fine agosto 2020, prima di ordinare la partita di test.

RIGOLI: “Patrizia allora ho fatto il primo, sono andato a prendermi un positivo di corsa… gli ho cacciato… non l’ho neanche fatto parlare…”.

SIMIONATO: “Volevano capire se Abbott dichiari idoneo sto prodotto o meno”.

R.: “Sto cercando la Abbott, perché sti deficienti qua non sono neanche passati. Ho la scheda tecnica e basta, adesso sto cercando. Sta venendo quello della zona e mi sta portando i campioni che proverò oggi… Tu vai avanti con la parte burocratica dell’acquisto”.

S.: “Ci fidiamo? Sì perché è Abbott, tu dici?”.

R.: “Patrizia allora io ti dico questo, faccio un ragionamento… terra terra, perché la Abbott è una multinazionale che avrà anche pelo sullo stomaco, ma grosse c…te non ne butta fuori; allora io condivido che tu vai avanti, io li provo oggi e intanto tu vai avanti con tutta la parte burocratica dell’acquisto. Cioè, ma voglio dire, li usano in America! Adesso, va bene tutto: se sono quelli cinesi anche no, capisci? Ma Abbott è americana. Guarda, adesso aspettiamo, almeno vedo la confezione perché poi dopo è bene controllare la confezione”.

S.: “Dopo se abbiamo da contestarli, li contestiamo. Per poter procedere con l’ordine Abbott noi abbiamo bisogno del tuo ok in una mail in modo tale che dopo mi supporti il provvedimento… Hai avuto modo di fare un passaggio col tuo Presidente?”.

R: “Gli stavo scrivendo: ‘Ciao Presidente, ho fatto già la prima prova… La direttrice Simionato ha già proceduto per acquistarne 200.000… Sabato e domenica, che sono al lavoro, li testo tutti quanti… Non ti ho detto che ho già fatto il primo positivo?”.

S.: “… Anche perché essendo della Abbott forse vanno bene, speriamo… Tu adesso mi devi attestare che posso acquistare in quanto vanno bene… Mandami una mail che mi supporti… così scrivo in delibera che c’è la valutazione”.

I dialoghi per la Procura sarebbero la dimostrazione che le prove non ci furono, eppure risultano nella delibera della direttrice generale di Azienda Zero. I tamponi rapidi Abbott vengono acquistati in due tranche da 900mila euro, con delibera datata 28 agosto, eda un milione e 260mila eurocondelibera del 14 settembre. Lo studio di Crisanti arriverà ad ottobre: dal 15 settembre al 16 ottobre ha sottoposto a doppio test (con il Reparto Infettivi e il Pronto soccorso di Padova) un gruppo di 1.593 pazienti, scoprendo 61 contagiati, di cui però 18 falsi negativi, alcuni con carica virale molto alta che erano sfuggiti al test rapido. Rigoli è accusato di depistaggio per aver consegnato una falsa documentazione agli inquirenti sui risultati dei test con tamponi Abbott, coinvolgendo il primario del Pronto soccorso dell’Usl2, Enrico Bernardi, a sostegno della sua tesi. Anche questo medico era stato indagato, ma ha poi ritrattato e quindi l’accusa a suo carico è stata archiviata.

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