Il Partito democratico non ha mai avuto così pochi iscritti. Effetto di nuove e più stringenti regole per evitare pacchetti di tessere e iscrizioni fantasma, ma anche del calo dei consensi che alla vigilia del voto per il nuovo segretario vede il partito sotto al 15 per cento. Tanto che al momento si parla di 50mila tesserati dei quali 10mila online. Un’emorragia se guardiamo ai numeri dichiarati negli anni, passati dagli oltre 800mila del 2008, ai 370mila del 2018. Numeri che oggi ha rimesso in fila il quotidiano La Stampa, ricordando che solo nell’ultimo anno si è passati dagli oltre 300mila iscritti del 2021 ai 50mila del 2022. C’è chi garantisce che il congresso porterà altre tessere. Ma intanto, ad allargare lo sguardo è inevitabile il paragone con le altre forze politiche che fino all’altro ieri non potevano nemmeno sognare il confronto con i dem. E adesso rischiano di essere tutti in vantaggio. Non solo quelli del centrodestra, Fratelli d’Italia in testa. Ma anche la concorrenza del Movimento 5 stelle che per domani invita 140mila iscritti con diritto di voto a esprimersi online per la destinazione delle restituzioni dei suoi parlamentari.

“Aspettiamo il 31 dicembre per avere un numero certo, ma siamo sopra i 150mila iscritti”, dichiara soddisfatto Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo di Fratelli d’Italia insieme a Giorgia Meloni. E rilancia: “Entro la legislatura ci piacerebbe superare i 200mila iscritti”. Tutt’altro clima in casa Lega, alle prese con i congressi locali attualmente in corso dove danno battaglia anche i candidati del comitato Nord lanciato da Umberto Bossi contro la crisi d’identità in atto nel partito. Ma se il partito sta tornando padano, come confermano le più sostanziose quote associative incassate dalla Lega Lombarda per Salvini premier rispetto alla raccolta del partito nazionale, gli iscritti sarebbero in calo e il totale potrebbe non raggiungere i 100mila registrati negli ultimi anni. La colpa? Chi dice sia del rinvio infinito di un congresso che non arriva, chi dell’incapacità di esprimere un candidato alla segreteria che incarni un nuovo corso. Problemi che creano disaffezione, migrazione di voti, di iscritti ed eletti come avvenuto negli ultimi due anni a tutto vantaggio degli alleati di FdI che tra il 2019 e il 2020 hanno triplicato le iscrizioni passando da 44mila a 130mila, di cui oltre 50mila raccolte online.

Numeri che fino all’anno scorso avrebbero fatto sorridere i militanti del Pd, forti di un partito sempre in testa alla classifica dei tesseramenti. Eppure in calo inesorabile: dagli 831mila del 2009 ai 539mila del 2013, vigilia delle europee dove il Pd di Matteo Renzi prese il 40% dei voti, fino alla leggera ripresa del 2019 con 412mila iscritti rispetto ai precedenti 370mila, ma subito scesi a quota 320mila nel 2021. Insomma, in costante perdita, ma pur sempre davanti agli altri. Almeno fino ad ora. Nonostante il congresso alle porte e quattro contendenti per la segreteria, il Partito democratico fatica a raccogliere adesioni e al momento la campagna 2022 è ferma a 50mila, un’ecatombe. I dirigenti la spiegano con le nuove regole contro i pacchetti di tessere e gli iscritti fantasma, tanto che c’è chi si domanda quanti fossero se da un anno all’altro il numero degli iscritti si è ridotto di oltre sei volte. A complicare le cose, assicurano, la decisione di accettare solo pagamenti col Pos che ha scatenato non poche polemiche, e così la scelta di spostare online il 70% delle adesioni, poi ridotto al 50% per le proteste. E potrebbero essere in tanti a pensarla come il governatore campano Vincenzo De Luca: “Mi hanno detto che il tesseramento al Pd si paga con la carta di credito, con il Pos, con la motivazione di evitare pacchetti di tessere. Non era più semplice obbligare ognuno a fare la tessera di persona? Mi dicono anche di 28 euro per il tesseramento, ma dove vive questo gruppo di miserabili? Un gruppo dirigente miserabile che ha lavorato per anni per creare correnti e sottocorrenti, gruppi e sottogruppi, del tutto indifferenti al lavoro nei territori, alla militanza, al sacrificio e ai risultati”. Ragione o no, il consenso è ormai sotto al 15% e, spiegano i più anziani, da sempre le iscrizioni seguono a ruota.

Così il confronto, improbabile fino a qualche anno fa, tocca farlo anche con l’avversario ed ex alleato di governo, il Movimento 5 stelle. Un distinguo va fatto sulla quota d’iscrizione: negli altri partiti si va dai 10 euro di Lega, Forza Italia e FdI, ai 20 euro del Pd fino ai 50 euro di +Europa. Mentre per il Movimento è gratis. Quanti dunque gli iscritti? Gli ultimi dati dell’ex piattaforma Rousseau parlavano di 188mila iscritti e 119mila aventi diritto di voto. Lo scarto di quasi 70mila iscritti era dovuto principalmente a persone non attive. L’attuale dirigenza spiega che “era fin troppo facile iscriversi e che i certificati non superavano allora i 125mila”. Quest’anno la consultazione che ha confermato la leadership di Giuseppe Conte sulla nuova piattaforma SkyVote ha registrato 59mila votanti su 130mila aventi diritto. Diritto che matura dopo sei mesi dalla richiesta di iscrizione e che oggi determina lo scarto tra i 150mila iscritti certificati e i 140mila che domani 28 dicembre potranno scegliere la destinazione dei fondi raccolti con le restituzioni dei portavoce nazionali. Tuttavia, per completare i paragoni c’è ancora tempo. Da qui a febbraio, garantiscono dirigenti e militanti dem, la corsa per la segreteria porterà nuovi tesserati e si conta di raggiungere quota 80mila. Anche se i più ottimisti sperano di tornare ai livelli dell’anno scorso. Qualunque sarà la cifra finale che il confronto tra Schlein, Bonaccini, De Micheli e Cuperlo porterà in dote, gli oltre 3 milioni di votanti nelle primarie che elessero Walter Veltroni e Pierluigi Bersani nel 2007 e 2009 appartengono ormai a un’altra era.

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