Torna a crescere la produzione di rifiuti urbani nel 2021 (+2,3% rispetto al 2020) arrivando a quota 29,6 milioni di tonnellate, 677mila in più rispetto all’anno precedente. Tra le cause principali, la ripresa del pendolarismo e il ritorno del turismo in Italia dopo la crisi pandemica. La raccolta differenziata aumenta dell’1%, arrivando al 64%, ossia ad un punto percentuale dal target del 65% che si sarebbe dovuto raggiungere nel 2012. Ed è diminuito l’avvio a riciclo: la percentuale di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio si è fermata al 48,1% rispetto al 48,4% del 2020, a fronte di obiettivi del 55% da conseguirsi nel 2025, del 60% nel 2030 e del 65% nel 2035. E così, il 19% dei rifiuti prodotti finisce ancora in discarica, anche se si tratta di una percentuale in calo. Sono alcuni dei dati del Rapporto sui Rifiuti urbani 2022 presentato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che osserva gli effetti dei calcoli più rigidi imposti dall’Unione europea, come anticipato anche a ilfattoquotidiano.it nell’ambito della campagna ‘Carrelli di plastica’ condotta insieme a Greenpeace. E se particolare attenzione da parte dell’Europa è rivolta agli imballaggi e ai rifiuti da imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio al 2025 e al 2030, con l’applicazione delle nuove metodologie di calcolo i target al 2025 sono già raggiunti per tutte le frazioni, ad eccezione della plastica. “Necessario incrementare il riciclaggio di quest’ultima, pari al 47% – spiega Ispra – per centrare l’obiettivo del 50% (e del 55% al 2030, ndr) intervenendo con nuove tecnologie di trattamento, soprattutto per quelle tipologie di rifiuti che sono ad oggi difficilmente recuperabili mediante processi di tipo meccanico”.

Aumenta la produzione di rifiuti e, di poco, la differenziata – In valore assoluto, il Nord Italia produce quasi 14,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, il Centro oltre 6,3 milioni di tonnellate e il Sud oltre 9,1 milioni di tonnellate. La produzione dei rifiuti urbani cresce soprattutto nei 16 comuni con popolazione residente al di sopra dei 200mila abitanti (+2,8%), ma è comunque una crescita inferiore a quella del PIL e dei consumi delle famiglie (rispettivamente 6,7% e 5,3%). Risultati nel complesso significativi per la raccolta differenziata: 64% la media nazionale. Veneto (76,2%) e Sardegna (74,9%), registrano le percentuali più alte, tra le nove regioni che superano l’obiettivo del 65%. Molto vicino a raggiungere il target anche l’Abruzzo (64,6%), seguito da Toscana e Valle d’Aosta. Significativo balzo in avanti per la Basilicata, che con un aumento di 6 punti rispetto al 2020 raggiunge il 62,7%. Ancora al di sotto del 50% la Sicilia (46,9%) che, tuttavia, fa segnare un progresso importante di + 4,7 punti rispetto alla percentuale del 2020.

La differenziata nelle città italiane – I comuni capoluogo con percentuali più elevate sono Como (91,9%), Treviso (87,5%), Ferrara (87,3%), Pordenone (86,3%) e Belluno (85,6%). Tra le città con più di 200mila abitanti, i maggiori livelli di raccolta si osservano per Prato, Venezia e Milano, con percentuali rispettivamente di circa 73%, 65% e 62%. Seguono Padova, con il 61% e Bologna, 57%. Verona, Firenze e Torino raggiungono, rispettivamente, il 54%, 53% e 53%. Roma, in leggera crescita rispetto al 2020, si attesta al 45%, Trieste e Genova, rispettivamente, quasi al 42% e al 40%, Bari e Napoli, infine, sono al 38% e 37%. “La spinta della differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica – racconta Ispra – ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti”. Nel 2021 la quota dei rifiuti organici avviati al trattamento cresce di 190mila tonnellate, pari al 2,9%.

Quasi 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti finiscono in discarica – Nonostante nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si sia ridotto del 52% “occorre dimezzare in tempi brevi questa forma di smaltimento, che riguarda quasi 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (il 19% dei rifiuti prodotti)” spiega Ispra. E poi ci sono i rifiuti urbani esportati: nel 2021 sono stati tre volte superiori a quelli importati. L’Italia ne ha portate fuori 659mila tonnellate, mentre l’import è di 219 mila. Campania e Lazio sono le due regioni che esportano maggiormente i propri quantitativi. Austria, Portogallo e Spagna i Paesi dove destiniamo più rifiuti urbani. Ispra sottolinea “un progressivo allargamento della forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di riciclaggio, a riprova del fatto che la raccolta, pur costituendo uno step di primaria importanza per garantire l’ottenimento di flussi omogenei, non può rappresentare il solo elemento per raggiungere elevati livelli di riciclaggio, in quanto è necessario garantire che i quantitativi raccolti si caratterizzino anche per un’elevata qualità al fine di consentirne l’effettivo riciclo”.

Gli impianti e i costi di gestione – L’altro tassello è quello degli impianti di gestione. Quelli operativi nel 2021 sono 657: 349 al Nord, 116 al Centro e 192 al Sud. Sono dedicati al trattamento della frazione organica della differenziata 356 impianti, oltre la metà del totale (293 impianti di compostaggio, 42 impianti per il trattamento integrato aerobico/anaerobico e 21 impianti di digestione anaerobica), 124 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico, 126 sono discariche cui si aggiungono 37 inceneritori e 14 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. Ispra sottolinea che l’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti. Il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani, invece, è di 194,5 euro per abitante (nel 2020 era 185,6). I costi più elevati si rilevano al Centro (230,7 euro), segue il Sud (202,3 euro), mentre al Nord il costo è di 174,6 euro per abitante. Sul fronte del Pnrr, il 2021 è stato l’anno della prima attuazione del Piano grazie all’adozione delle riforme strutturali associate alla missione transizione verde ed economia circolare (M2C1). Obiettivo è dotare tutto il Paese di una rete omogenea di impianti di trattamento e riciclo dei rifiuti, colmando il divario esistente fra Nord e Centro-Sud e riducendo i conferimenti in discarica. Sono stati destinati 2,1 miliardi di euro alle due linee di investimento per le attività di gestione dei rifiuti (1,5 miliardi) e per progetti innovativi di economia circolare (600 milioni).

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