Le nuove norme sul mercato del lavoro introdotte lo scorso marzo dal governo spagnolo, in accordo con industriali e sindacati, stanno generando una fortissima crescita dei contratti di lavoro a tempo indeterminato. Tra gennaio e novembre di quest’anno i nuovi contratti sono stati oltre 6,5 milioni, contro i circa 1,9 milioni sottoscritti nello stesso periodo dell’anno precedente: in percentuale, un aumento del 238,4%. È quanto emerge dalle statistiche del sistema pubblico di impiego statale (Sepe) diffuse oggi. Se l’andamento del mercato del lavoro si confermerà anche a dicembre, l’anno in corso si chiuderà con oltre 7 milioni di posti fissi creati. Una situazione corrispondente al primo anno di validità di una riforma del mercato del lavoro frutto di un accordo tra governo, industriali e sindacati.

Del boom di posti fissi hanno beneficiato anche i lavoratori giovani (+ 142%). Il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 31%, a fronte di un tasso complessivo del 12,6%. Negli anni immediatamente successivi alla crisi finanziaria del 2008 i giovani senza un impiego avevano raggiunto il 55%. In quella circostanza fu varata una riforma del mercato del lavoro improntata alla massima flessibilità al fine di ridurre il costo del lavoro e aumentare la competitività del paese. Norme fortemente criticate per aver ridotto i diritti dei lavoratori e aver costretto molti giovani ad emigrare. Ora l’inversione di rotta che sembra dare buoni frutti. La nuova riforma del lavoro ha abolito la maggior parte dei lavori temporanei al fine di fornire stabilità occupazionale e ridurre il tasso di disoccupazione.

“Contratti stabili possono aumentare la fiducia dei consumatori e favorire un incremento della spesa per consumi”, ha affermato all’agenzia Reuters Raymond Torres, capo economista del think tank Funcas di Madrid. Torres ha anche detto che la forza del mercato del lavoro spagnolo è stata uno dei pilastri dell’inaspettata resilienza economica del paese durante un periodo di debolezza globale. “Abbiamo messo fine all’idea che l’introduzione dei giovani nella forza lavoro debba avvenire attraverso contratti flessibili e instabili“, ha detto Joaquin Perez-Rey, viceministro del lavoro e ideatore della riforma.

Per limitare la precarietà, la riforma prevede solo due tipi di contratto a termine: quello strutturale, per circostanze legate alla produzione, e quello di sostituzione di un altro lavoratore. Nel primo caso, “per circostanze legate alla produzione” si intende un aumento occasionale e imprevedibile che necessita una soluzione temporanea. Il contratto in questo caso non può superare i sei mesi, ma se l’accordo collettivo del settore lo prevede può essere ampliato fino a un anno. Le norme in vigore da quest’anno includono una discussa disposizione per rendere più semplice l’assunzione a tempo indeterminato anche per lavoratori stagionali di settori come turismo ed agricoltura. La riforma prevede che l’anzianità dei lavoratori con un contratto fisso discontinuo (che prevede che il dipendente lavori solo in alcuni periodi dell’anno) venga calcolata in base alla durata della loro relazione di lavoro, cioè del contratto, e non solo in base ai periodi in cui il lavoratore ha prestato servizio. Questo contratto è importante per limitare la precarietà nel settore agricolo, dove si abusava dei contratti a termine per la raccolta della frutta. In questo modo si garantisce ai lavoratori maggiore stabilità e si dà alle aziende la sicurezza di disporre di personale qualificato. I lavoratori con questo tipo di contratto risultano in fortissimo aumento, 8 volte rispetto al 2019.

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