Mentre lo scorso 7 dicembre il Comitato Onu sui Diritti economici, sociali e culturali chiedeva all’Italia “di aumentare i sussidi per l’alloggio per chi non è in grado di ottenere un alloggio a prezzi accessibili e di garantire un accesso sostenibile alle strutture di base necessarie per un alloggio adeguato”, la legge di Bilancio per il 2023 del governo Meloni andava esattamente nella direzione opposta, azzerando i fondi destinati ai contributi affitto e alla morosità incolpevole. E se per il 2022 la dotazione in capo al ministero di Infrastrutture e Trasporti è di 280 milioni di euro complessivi, per il 2023 non c’è nemmeno un euro. Una scelta che, sommata al caro bollette e all’inflazione, rischia di incendiare una situazione che vede il 45% delle famiglie italiane in affitto già sotto la soglia della povertà assoluta. “Così il governo scarica definitivamente su Regioni e Comuni l’emergenza abitativa lasciandoli col cerino in mano di 150 mila sfratti già esecutivi, con il 90% dovuto a morosità”, denunciano Cgil-Sunia e Unione Inquilini, che chiede all’Onu chiede ora di intervenire per violazione del diritto alla casa.

Chi rischia di perdere il Reddito di cittadinanza grazie alle modifiche annunciate dal governo Meloni ha un motivo in più per preoccuparsi. Perdendo il sussidio, infatti, si perde anche l’eventuale contributo per l’affitto legato al Rdc, per un massimo di 280 euro mensili. E se prima si poteva pensare di sostituirlo almeno in parte partecipando a uno dei bandi comunali finanziati dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dal prossimo anno questa possibilità rischia di venire meno. Perché il ministro Matteo Salvini ha deciso di sacrificare il Fondo sostegno locazioni e il Fondo morosità incolpevole, lasciandoli letteralmente a secco. Non che si trattasse della soluzione a tutti i problemi legati all’emergenza abitativa nel nostro Paese. “Su una platea che supera le 600 mila, sono circa 250 mila le richieste accolte“, spiega Massimo Pasquini dell’Unione inquilini. Di che cifre parliamo? Dipende dai bandi comunali. In Campania, per esempio, hanno partecipato al bando 2022 per gli affitti 2021 ben 38 mila famiglie. Le richieste ammesse sono state 28.500 per un contributo massimo previsto di 2.000 euro. Ma a quella cifra non ci si arriva, perché i fondi destinati quest’anno alla Campania sono 26 milioni di euro, che divisi per le richieste accolte superano di poco i 900 euro a famiglia per l’intero anno. In tutta Italia sono in aumento le persone che provano ad accedere ai contributi. In Emilia Romagna i partecipanti ai bandi sono passati dai 51 mila del 2021 ai 76 mila del 2022.

Di fronte a questi numeri, l’ultimo decreto aiuti del governo di Mario Draghi aveva aggiunto altri 100 milioni di euro al fondo per il contributo affitti. Scelta imposta anche dal peso della morosità tra le cause che portano agli sfratti, in forte aumento dopo il blocco deciso durante la pandemia. Sono infatti 900 mila le famiglie in affitto sotto il livello della povertà assoluta, che oltre alla condizione reddituale affrontano ora l’inflazione, i rincari dell’energia e quelli del prezzo degli affitti. Secondo il commissario europeo per le politiche sociali Nicolas Schmit, “tra il 2010 e il 2021 i prezzi medi degli affitti sono aumentati del 16%, molto di più in alcuni Stati membri, mentre i prezzi delle case sono aumentati del 42%”. Senza contare, come pubblicato dal Fatto, che parte del problema dipende dagli incentivi fiscali offerti dai governi agli investitori immobiliari, una “allocazione impropria” di investimenti privati che in Italia vale tra i 12 e i 19 miliardi di euro, a fronte di un capitale investito di 114 miliardi di euro. Per capire di cosa parliamo, basti pensare che per il cosiddetto social housing lo Stato spenderà 500 milioni. Mentre dei 500 mila nuovi alloggi di edilizia pubblica di cui si è parlato anche nell’ultima campagna elettorale si sono perse le tracce tanto che in una città come Milano, capitale nazionale dell’investimento immobiliare, sono 14 mila le famiglie in lista d’attesa per una casa popolare, ma appena il 3% all’anno vede soddisfatto il proprio bisogno.

Oltre al fondo per il sostegno alla locazione, poi, è stato azzerato anche quello per la morosità incolpevole, quello pensato per “sostenere le famiglie destinatarie di un atto di intimazione di sfratto per morosità, con sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone di locazione a causa della perdita o consistente riduzione del reddito del nucleo familiare”. Insomma, se con l’azzeramento dei contributi all’affitto si cancella quel cuscinetto che molte volte ha permesso a un contratto di locazione di sopravvivere, dall’altro si cancellano i fondi necessari a sostenere chi viene sfrattato e non ha mezzi per garantirsi un tetto. Le soluzioni in mano ai Comuni spesso non coprono nemmeno le situazioni più urgenti. E anche in città come Milano a finire sulla strada sono anche molti lavoratori perché poveri: la nuova, grande platea di italiani sotto sfratto. Secondo la Cgil nazionale e il Sunia l’azzeramento dei contributi all’affitto è una “palese violazione e non applicazione di quanto dispone la legge 431 che all’articolo 11 prevede l’istituzione presso il ministero dei Lavori pubblici (oggi Infrastrutture e Trasporti, ndr) del Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione, la cui dotazione annua è determinata dalla legge finanziaria, ai sensi della legge 468/1978″. Per le stesse ragioni l’Unione Inquilini ha chiesto un intervento all’Alto Commissario Onu sui Diritti Umani Volker Türk: “Denunciamo le violazioni del diritto alla casa e chiediamo un intervento urgente presso l’Italia”. E il prossimo 21 dicembre sarà in piazza a Largo Argentina a Roma con la rete Non per noi ma per Tutte e Tutti, “contro questa legge di bilancio, contro le disuguaglianze e contro gli sfratti”.

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