La capsula Orion è rientrata con un tuffo nell’oceano Pacifico, al largo dell’isola di Guadalupe. Dopo circa 26 giorni e un viaggio di oltre 2 milioni di chilometri, si conclude così la missione Artemis 1, apripista del programma con il quale la Nasa intende portare nuovamente astronauti sulla Luna. L’ammaraggio è avvenuto regolarmente e sono stati completati tutti i test previsti per verificare la sicurezza del veicolo, in vista delle future missioni con gli astronauti. Per una coincidenza il rientro è avvenuto esattamente a 50 anni dall’ultimo allunaggio del programma Apollo, avvenuto nel 1972 con la missione Apollo 17.

La capsula ha viaggiato alla velocità di 40.000 chilometri orari. Uno dei test più importanti è l’efficienza dello scudo termico perché la capsula ha affrontato temperature superiori a 2.500 gradi. Adesso cominceranno i controlli. Quando la capsula è arrivata a circa 7 chilometri dall’obiettivo e alla velocità di circa 80 chilometri orari si sono aperti i tre paracadute che hanno aiutato a frenare il veicolo. A 1,5 chilometri di quota, Orion ha rallentato poco meno di 30 chilometri orari e poco si è tuffata nell’oceano. Come previsto il modulo di servizio europeo è bruciato in atmosfera senza problemi.

La nuova corsa alla Luna è ufficialmente aperta e tutto, questa volta, è molto diverso rispetto ai tempi del programma Apollo. Agenzie spaziali governative e privati sono pronti a collaborare o a muoversi autonomamente, come sta facendo l’azienda giapponese ispace che, proprio mentre Orion si preparava a rientrare a Terra, ha lanciato verso la Luna il primo lander privato. Si chiama Hakuto-R ed è stato lanciato dalla base di Cape Canaveral con un Falcon 9 della SpaceX; a bordo c’è lo strumento Lunar Flashlight della Nasa, il cui obiettivo è cercare acqua.

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