Poco dopo la sua condanna a 25 anni di carcere in un Tribunale di Lower Manhattan nel 2011 con l’accusa di aver cospirato per uccidere cittadini americani, Viktor Bout – il trafficante d’armi russo scambiato con la cestista Usa Brittney Griner – trasmise questo messaggio al suo avvocato: ”Non credere che questa sia la fine della storia”.

La promessa di lealtà da Mosca – Non aveva torto. Poco più di un decennio dopo, Bout che è stato per oltre 20 anni il più grande trafficante di armi del mondo, dalla sua base negli Emirati Arabi Uniti, è tornato libero. Ha venduto armi a Stati canaglia, gruppi ribelli, signori della guerra, dittatori sanguinari in Asia, in Sud America ma soprattutto Africa. Tanto impegno di Mosca per ottenere la sua liberazione ci dice molto di chi sia quest’uomo che usava come schermo – per le licenze di volo – un’attività di logistica nell’emirato di Sharjah che è parte degli Emirati Arabi Uniti. Una vecchia pista e 60 aerei della ex flotta sovietica, un fiume d’armi in arrivo dalle ex repubbliche sovietiche e un fiume di soldi di ritorno. Mosca si batteva da quasi quindici anni per la sua liberazione perché era innocente? “No. Perché Bout era certamente un agente del GRU – lo spionaggio militare russo – o una risorsa di alto livello del GRU”, è l’opinione della DEA che gli ha dato la caccia per quasi 10 anni prima di “incastrarlo” nel 2008 e mettergli le manette. Le agenzie di intelligence russe hanno ereditato dal KGB sovietico un mantra: “Non ti lasceremo indietro”. Quel tipo di lealtà è molto importante quando finisci in una prigione straniera condannato a 25 anni di carcere duro.

La vendita di armi dai ribelli in Africa ai talebani – Quando Viktor Bout entra nei radar degli investigatori dell’Onu in Africa sono i primi anni ’90. Quando nel 1989 crolla il blocco comunista Bout ha già dismesso la divisa da ufficiale e si è dato agli affari. Con la disintegrazione della vasta flotta aerea sovietica fu in grado di acquistare uno squadrone di 60 aerei cargo militari, l’enorme eccesso di armi sovietiche sul mercato nero trovarono rapidamente acquirenti e finirono per alimentare una serie di guerre e conflitti fratricidi in 3 continenti. I suoi clienti già includevano gruppi ribelli e milizie dal Congo alla Liberia, all’Angola al Ruanda. “Air Rogue” era il nome del suo file nella documentazione dell’Onu, che investigava per possibili crimini di guerra in Liberia. Nel radar della CIA entrò quando vendette armi agli insorti talebani, poi ai loro nemici dell’Alleanza del Nord, poi nelle Filippine piazzò un’enorme fornitura ai miliziani del gruppo islamista Abu Sayyaf.

La sua capacità di sfuggire a alla cattura e di far perdere le sue tracce si aggiunse alla sua fama tra i funzionari dell’intelligence occidentali. Le sue imprese hanno contribuito a ispirare un film del 2005, “Lord of War”, interpretato da Nicolas Cage nei panni dell’ex ufficiale russo.

Bout ha ripetutamente negato in Tribunale le accuse di aver lavorato per le agenzie di intelligence russe. Ma Mark Galeotti, un esperto dei servizi di sicurezza russi, ha affermato che ci sono forti segnali – la sua istruzione, le sue reti sociali e professionali e le sue capacità logistiche – che indicano che era parte, o almeno collaborava strettamente, con l’agenzia di intelligence dell’esercito russo, la GRU. Bout – nato 56 anni fa a Dushanbe, capitale del Tagikistan – è anche un linguista di talento con un’ottima padronanza dell’inglese, del francese, del portoghese, dell’arabo e del persiano. Parla fluentemente e scrive anche in Esperanto. Solo nelle scuole di spionaggio si riceve un simile training.

Nel 2008 in una lunga ed elaborata operazione gli agenti della Dea – che si sono fatti passare per guerriglieri delle Farc colombiane che volevano comprare missili terra-aria— lo agganciano in un Hotel di Bangkok e lo ammanettano. Dopo un braccio di ferro di quasi due anni le autorità Usa ottengono l’estradizione dalla Thailandia. Processo breve al Lower Manhattan District per cospirazione, terrorismo, traffico internazionale di armi. Condanna nel 2012 al minimo della pena – 25 anni – da scontare nel carcere di massima sicurezza di Marion in Illinois, dove stando a quanto raccontano i neonazisti americani suoi compagni di cella conservava una foto del presidente russo Vladimir Putin. Fatto curioso per un trafficante d’armi senz’anima.

Articolo Precedente

Il nuovo “caccia da combattimento del futuro” di Roma, Londra e Tokyo. Solo ricerca e sviluppo costeranno all’Italia 6 miliardi

next
Articolo Successivo

Putin: “Abbiamo attaccato infrastrutture energetiche ucraine, ma chi ha iniziato? Il clamore non interferirà con le nostre missioni”

next