A tre settimane dalla fine dell’anno mancano ancora all’appello circa mille posti letto per studenti universitari fuori sede sui 7.500 previsti dal Pnrr. Per non bucare la scadenza europea del 31 dicembre, il nuovo governo ha dovuto pubblicare in extremis un bando con cui posticiparla. Grazie a un escamotage, concordato con Bruxelles, l’obiettivo verrà alla fine considerato raggiunto con la ricezione entro il 28 delle sole manifestazioni di interesse. E non, come era previsto dal cronoprogramma, con l’assegnazione degli alloggi agli studenti con priorità ai “capaci e meritevoli anche se privi di mezzi” (quella è stata rinviata al 28 febbraio). Il pasticcio ha origine l’estate scorsa, quanto il ministero allora guidato da Maria Cristina Messa ha pubblicato un bando che escludeva i privati dalla partecipazione ed è quindi stato un mezzo flop.

Andiamo con ordine. Il Pnrr stanzia complessivamente 960 milioni di euro (per il 40% destinati al Sud) per triplicare i posti letto disponibili per gli studenti fuori sede, portandoli dagli attuali 40mila a 105.500 entro il 2026. Si tratta della riforma 1.7 della Missione 4 che prevede anche la revisione della normativa sugli alloggi universitari, ovvero la legge 338/2000, e che mira a incentivare la realizzazione di nuove strutture attraverso la copertura anticipata, da parte del ministero dell’Università (Mur), dei costi di gestione dei primi tre anni. La scadenza concordata con la Commissione Ue prevedeva, in origine, che entro il 31 dicembre di quest’anno 7.500 posti letto fossero completati e assegnati agli studenti.

Con il decreto 1046 del 26 agosto scorso il ministero aveva messo a disposizione 300 milioni (la prima tranche) destinati a coprire fino al 75% del costo totale per l’acquisto di immobili o la stipula di contratti di locazione a lungo termine. Era stato inoltre fissato un termine ancora più stringente di quello europeo del 31 dicembre, ovvero il 20 dicembre, data entro la quale avrebbero dovuto essere individuati nelle graduatorie i beneficiari. Tuttavia la scadenza non verrà rispettata: il decreto del ministero dell’Università del 2 dicembre ha rinviato la data per l’assegnazione degli alloggi al 28 febbraio 2023. Il motivo? Al 24 novembre erano pervenute richieste di finanziamento per 7.122 posti, per un ammontare di risorse pari a 226,4 milioni, e ne sono state ammesse solo 4.478, per un valore di 150 milioni di euro. A questi posti ne vanno aggiunti altri 2.084 finanziati con risorse nazionali, già assegnati, che portano il totale a 6.562.

Il problema è che il decreto del 26 agosto escludeva i privati dalla partecipazione ai bandi. Una lacuna a cui lo stesso ministero ha dovuto mettere una pezza qualche settimana dopo, il 15 settembre, quando è stato emanato un altro decreto, il 1089, che ha aperto a soggetti privati. Poi, con il decreto Aiuti Ter del 23 settembre, è stato riformato il sistema di finanziamento degli alloggi universitari stabilito dalla legge 338 del 2000, prevedendo la possibilità che a partecipare ai bandi, e quindi a ottenere le risorse stanziate dallo Stato, siano anche “imprese”, “operatori economici” e “altri soggetti privati” a cui verranno riconosciute importanti agevolazioni fiscali. Lo stesso provvedimento ha poi istituito il “Fondo per l’housing universitario” nel quale sono confluiti i 660 milioni di euro che il Pnrr assegna agli alloggi universitari (tolti i 300 milioni già utilizzati) e che servirà da base per la realizzazione delle residenze.

Quando si è insediato il governo Meloni, è emerso che per centrare la scadenza Ue del 31 dicembre sarebbero serviti quasi altri mille posti che era impossibile reperire in tempi così brevi. Il 2 dicembre il ministero ora affidato ad Anna Maria Bernini ha emanato un altro decreto con cui è andato a caccia dei mille alloggi mancanti, armato dei quasi 150 milioni di euro avanzati dal bando precedente, rinviando, al tempo stesso, la scadenza. In questo modo, nonostante lo sforamento rispetto a quanto previsto inizialmente, l’obiettivo, con il beneplacito di Bruxelles, sarà centrato. A seguito di un’interlocuzione con la Commissione Ue, infatti, si è concordato che, per rispettare il target di fine anno stabilito dal Pnrr, sarà sufficiente ricevere le manifestazioni di interesse (aperte il 5 dicembre) entro il 28 dicembre. Insomma, la procedura sarà considerata chiusa anche senza l’assegnazione dei posti letto ai beneficiari, che slitta al 28 febbraio.

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