L’inizio dell’autunno non ha scalfito il buon andamento registrato dal mercato del lavoro italiano a partire da settembre. Ma guardando le tabelle diffuse giovedì mattina dall’Istat salta all’occhio che l’aumento degli occupati registrato a settembre dipende esclusivamente da un boom di lavoratori over 50, che salgono di 135mila mentre tutte le classi di età più giovani registrano cali. La crescita (le stime parlano di un aumento di 117mila dei dipendenti tempo indeterminato in parte compensato dalla diminuzione dei precari e degli autonomi) è insomma poco più che un’illusione ottica. Dietro quei numeri ci sono con buona probabilità più che altro uscite dalla cassa integrazione: dall’anno scorso l’istituto di statistica conta le persone cassintegrate da più di tre mesi tra i disoccupati o tra gli inattivi e in ottobre, complice il calo dei prezzi del gas rispetto ai valori estivi, quella platea si è ridotta. All’effetto cig si somma poi qualche stabilizzazione di contratti a termine legata alla scadenza di una parte delle ampie deroghe al decreto Dignità concesse in periodo pandemico.

Le informazioni a disposizione dell’Istat non scendono a questo livello di dettaglio, ma i dati corroborano l’ipotesi visto che gli 82mila posti in più in un mese sono andati di pari passo con una riduzione degli inattivi (-62mila) e un mini calo dei disoccupati (-8mila). E il forte aumento dei dipendenti stabili fa pensare a un effetto stabilizzazione di lavoratori prima precari, anche se per le aziende resta in vigore (per effetto del decreto Sostegni bis del 2021) la possibilità di concordare con i sindacati “specifiche esigenze” per stipulare o rinnovare contratti a termine senza causali. Di certo c’è che, dopo un picco di 3,1 milioni a febbraio, i precari sono andati progressivamente calando e oggi si attestano a 2,98 milioni.

Resta il fatto che il tasso di occupazione è salito al 60,5%, valore record dal 1977, per effetto di un recupero della quota di donne occupate che è tornata al 51,4% come a giugno. Ma anche qui occorre leggere le stime con attenzione. Sui tassi pesa sempre di più il progressivo calo delle forze di lavoro determinato dalla demografia: la fascia di età tra i 35 e i 49 anni si assottiglia ormai di 300mila unità all’anno per effetto dell’invecchiamento, gonfiando quella successiva. Che però comprende anche lavoratori vicini alla pensione, che via via escono dal mercato. Risultato: a ottobre le forze di lavoro ammontavano a 25,19 milioni contro i 25,7 milioni dello stesso mese del 2018. La popolazione di riferimento su cui si calcola il tasso, insomma, va calando. Positivo invece l’andamento assoluto degli occupati, che salgono a un record di 23,231 milioni. Ma anche in questo caso dietro il record ci sono i lavoratori più in là con l’età: sono in tutto 9,17 milioni, mai così tanti (erano 8,4 milioni nell’ottobre 2018), mentre i 35-49 anni al lavoro sono solo 8,79 milioni contro i 9,3 di ottobre 2018 e i 25-34enni occupati sono sì aumentati, ma solo a 4,1 milioni dai 3,9 di quattro anni fa.

In valori assoluti, gli over 50 fanno la parte del leone anche sull’aumento dell’occupazione tendenziale, cioè quello registrato a ottobre 2022 rispetto allo stesso mese di un anno prima. Gli occupati totali sono saliti di 496mila grazie a un +393mila tra gli over 50. In più su questo arco di tempo sono aumentati anche gli occupati tra i 25 e i 34 anni. Quelli 35-49enni sono invece calati di 99mila ma qui pesa l’effetto demografico visto prima: non a caso è l’unica fascia che vede crollare sia gli occupati, sia i disoccupati sia gli inattivi. Perché ne fanno parte sempre meno persone.

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