Sepolto nel cimitero Vostochnoye. Davanti alla tomba il presidente bielorusso Alexsandr Lukashenko, il primo a rendergli omaggio. Ma sulla scomparsa del ministro degli Esteri di Minsk, Vladimir Makei, 64 anni, è ancora mistero. Finora le autorità non hanno fornito indicazioni sulle cause di quella che viene descritta come la “morte improvvisa” del capo della diplomazia, avvenuta sabato scorso. Alla “cerimonia di saluto” presso la Casa degli Ufficiali è intervenuto il vice ministro degli Esteri russo, Andrei Rudenko, che ha definito Makei un grande amico della Russia. “Vladimir Vladimirovich ha costantemente sostenuto l’idea dell’unione fra i tre popoli fratelli: Ucraina, Russia e Bielorussia. Il suo nome è anche associato alla storia degli accordi di Minsk. Ha preso parte ai nostri ultimi negoziati con l’Ucraina, prima al confine dell’oblast di Gomel, poi vicino Brest. Non dimenticheremo mai il suo contributo, il suo desiderio di portare pace e amicizia nelle nostre terre”, ha affermato Rudenko. Anton Gerashchenko, consigliere del ministero ucraino dell’Interno, ha riferito su Twitter di voci secondo le quali Makei, “uno dei pochi a non essere sotto l’influenza russa”, sarebbe stato avvelenato come “avvertimento” a Lukashenko. Poche ore prima della morte di Makei, il Robert Lansing Institute, citando fonti dei vertici militari russi, aveva scritto che il Cremlino intendeva costringere la Bielorussia a scendere in guerra contro l’Ucraina a fianco di Mosca, organizzando un attentato contro Lukashenko.

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