Dovremo insegnare nelle scuole il valore non recuperabile della terra, avidamente definita suolo solo per svilirla e sventrarla senza scrupoli. E dovremo far approvare subito la legge che giace in un cassetto da 5 anni giusti giusti. Era il novembre 2017, da relatrice (con Mario Dalla Tor del Nuovo Centrodestra per la parte agricola) ho completato l’iter del progetto di legge per avere in Italia una legge adeguata a ridurre e cancellare l’ulteriore consumo di suolo. Abbiamo raccolto il benestare di entrambe le commissioni ambiente e agricoltura, il preventivo importantissimo ok di tutte le realtà associative ambientali, dell’agricoltura, del lavoro, delle imprese. C’è stato a monte il lavoro congiunto con i tecnici Ispra – con il loro sì convinto – la disponibilità al voto della Conferenza Stato-Regioni che aveva rigettato ogni progetto precedente – per nulla facile, vista la promiscuità delle deleghe sul tema… insomma, è mancato il voto finale d’aula sia per l’ignavia dei partiti sia perché la legislatura si è interrotta prima del tempo.

È incredibile e vergognoso che un Paese come il nostro, che ha al primo posto dei problemi il dissesto e il conseguente eccessivo consumo di suolo, non abbia ancora una legge nazionale. È tutto già pronto: perché non si vuole comprendere l’urgenza e l’importanza che ha per la vita stessa delle persone questa legge nazionale? Non accetto davvero più che si piangano vittime e poi però si continui a deliberare condoni (27.000, sì, ventisettemila – avete letto bene – nella sola Ischia) e nuove costruzioni senza mai chiedersi quale sia il rischio ulteriore che questa deliberazione avrà, seppure anche questo valore sia stato già determinato, moltiplicando per 4 e per 6 i costi per la comunità.

Compete alle amministrazioni pubbliche tutelare la salute delle persone, compete a ciascuno di noi frenare, opporci a questo modo di operare sciagurato. Compete a questo Governo deliberare una vera legge che riduca il consumo di suolo senza rinvii che sono già costati troppo e hanno il timbro della vergogna. È tutto pronto, persino concordato: cosa aspettiamo?

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