Una sola fisiatra per centinaia di bambini affetti da patologie disabilitanti. Attese infinite per prime visite e controlli, prescrizione di ausili e cure importanti come la somministrazione della tossina botulinica che contrasta la spasticità. Gli effetti di tutto ciò sono devastanti: bimbi che smettono di camminare perché, senza la tossina, la muscolatura è talmente rigida da non permettere neppure la riabilitazione, altri costretti a stare su carrozzine diventate col tempo troppo piccole per chi cresce di settimana in settimana.

LA SALUTE NON PIÙ DIRITTO – L’emergenza Covid in Sardegna ha reso evidenti lacune e disorganizzazione in ambito sanitario. Nessuno è risparmiato: a farne le spese sono anche i bambini che lottano con nemici cattivi quali ritardo psicomotorio, paralisi cerebrale infantile nonché sindromi, deformità ortopediche, malattie muscolari e neuromuscolari. Centinaia, in tutta l’isola, dove non esiste un vero e proprio centro di riferimento, bensì un ambulatorio di “Fisiatria per l’età evolutiva”, che ha sede a Cagliari. Un servizio rimasto unico punto di riferimento per tutta la regione (non più attivo dal 2020 l’altro presente a Iglesias, a seguito del pensionamento del medico fisiatra specializzato) ma che (dopo il trasferimento di due specializzande che hanno vinto il concorso e sono state trasferite), può contare sulla presenza di una sola fisiatra. A lei competono visite e valutazioni protesiche, ma anche i trattamenti con un farmaco che può essere considerato salvavita: la tossina botulinica, fondamentale in tutti i casi in cui sia presente la spasticità.

GENITORI IN RIVOLTA – Facile immaginare come i tempi si dilatino, fino a rendere impossibile una costanza nelle terapie. “I nostri bambini hanno bisogno di cure, assistenza e visite mediche costanti, non una tantum”, dice Valentina Barca, mamma di uno dei piccoli pazienti che fa parte di un gruppo di genitori che ha presentato una diffida contro Regione, Ministero della Salute e rappresentanti della sanità sarda ai vari livelli. “Siamo decisi ad andare fino in fondo – aggiunge – perché dobbiamo avere la certezza che sia consentito loro di acquisire quanto più possibile un’autonomia e un tenore di vita il più dignitoso possibile e, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza”. Molte famiglie hanno, o hanno avuto, a che fare con altre realtà ospedaliere della Penisola: dal Bambin Gesù, a Roma, al Gaslini di Genova, o Meyer di Firenze e Bellaria di Bologna. “Lì ci rivolgiamo nei casi in cui le cure non possono essere affrontate in Sardegna, ma è facile immaginare quali possano essere i disagi: sia dal punto di vista economico, sia sotto l’aspetto dell’organizzazione familiare dovuta alla lontananza da casa anche per lunghi periodi”. Ecco perché era logico pensare che anche in Sardegna potesse nascere un centro di riferimento per la cura di queste patologie. Invece, non solo non esiste, ma ora sta mancando persino l’assistenza che veniva garantita dall’ambulatorio. “È scontato che un servizio di questo tipo finisca per collassare quando a presenziarlo vi è un unico specialista fisiatrico davanti a una lista di pazienti infinita”.

LA DIFFIDA – L’avvocata Cecilia Savona lo ha messo bene in evidenza nella diffida e messa in mora con cui (per conto di quindici famiglie) sono chiamati in causa, tra gli altri, i direttori generale, sanitario, amministrativo dell’Ares (Azienda regionale salute), il presidente della Regione e l’assessore alla Sanità, nonché il Ministero della Sanità. “Si diffidano le amministrazioni in indirizzo ad adottare, ciascuno per quanto di propria competenza – subito senza ulteriore ritardo – tutte le necessarie decisioni volte a garantire a) le cure e l’assistenza medica di cui necessitano i piccoli pazienti nonché la prosecuzione del percorso socio-sanitario iniziato, mediante l’erogazione delle prestazioni e il monitoraggio da parte di tutti i soggetti coinvolti, secondo modalità e tempi appropriati alla situazione da trattare”. L’avvocata fa riferimento anche alle conseguenze sociali derivanti dall’assenza delle opportune cure e terapie: “Tutto ciò anche il fine di prevenire e eliminare eventuali ostacoli alla loro integrazione sociale anch’essa costituzionalmente garantita: ad esempio impossibilità per i bambini di frequentare la scuola a causa del loro stato di salute divenuto più precario per l’interruzione delle necessarie cure, in assenza delle quali sono più fragili e cagionevoli e/o per la mancanza dei necessari ausili che limita e/o impedisce la loro mobilità e/o autosufficienza”. Poi l’anticipazione che, “In difetto, a fronte quindi del perdurare dell’inerzia delle Amministrazioni in indirizzo, provvederò – senza ulteriore preavviso – a promuovere nelle competenti sedi giurisdizionali le azioni volte a far valere il diritto alla salute e quindi alle cure sociosanitarie e all’integrazione sociale dei piccoli pazienti”. Lo

LE PROMESSE DELLA ASL DOPO LA PROTESTA – Intanto (dopo la protesta di un gruppo di genitori che lunedì mattina ha organizzato un sit-in davanti l’ingresso del padiglione H della “cittadella della salute”, a Cagliari, nella foto), i vertici dell’Asl di Cagliari e del Distretto dell’area vasta da cui dipende l’ambulatorio, hanno comunicato che è stato avviato l’iter per rinforzare l’esiguo organico del servizio. Nell’ambulatorio di fisiatria per l’età evolutiva arriveranno altri tre medici, di cui uno a tempo pieno e gli altri a tempo parziale attraverso una convenzione. Un annuncio che non convince del tutto le famiglie dei piccoli pazienti. “Si sono mossi in ritardo e, peraltro, non c’è alcuna certezza sui tempi per la risoluzione del grave problema“. I bambini, nel frattempo, devono ancora aspettare.

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