Si è svolto oggi a Roma l’incontro sulla delicata questione della raffineria siciliana Isab di proprietà della russa Lukoil, a cui ha preso parte il ministro delle Imprese e il Made in Italy (Ex Sviluppo economico) Adolfo Urso. La raffineria, che copre 20% della produzione italiana, utilizza attualmente solo petrolio russo poiché, a causa delle sanzioni e della sospensione delle linee di credito bancarie, è di fatto impossibilitata ad acquistare greggio da altri paesi. Il prossimo 5 dicembre scatta però l’embargo europeo sul petrolio russo che rischia di lasciare l’impianto a secco.

“Noi intendiamo proseguire tutte le strade a partire da un ulteriore confronto con il sistema bancario” su ulteriori garanzie della Sace (struttura del ministero dell’Economia, ndr), ha affermato il ministro Urso che non esclude la nazionalizzazione con “l’intervento diretto dello Stato”. Un’altra strada è “confrontarsi in Europa per una eventuale proroga dell’embargo al petrolio come è stato concesso ad altri paesi” o un’acquisizione con l’uso del golden power per garanzie occupazionali. “Abbiamo preso l’impegno a rivederci entro metà dicembre con delle soluzioni che noi pensiamo di poter mettere in campo per quella data. L’impianto di Priolo è un asset strategico per la nostro sistema produttivo per la nostra filiera industriale del settore chimico in modo specifico e quindi è un interesse nazionale”, ha aggiunto i ministro.

Il tavolo Isab Lukoil è stato un incontro “interlocutorio ma molto molto molto importante” anche se “grande assente è il mondo bancario“, ha detto il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani, all’uscita dal ministero. “Il governo ha garantito, con grande senso di responsabilità, che la vicenda non potrà che trovare una soluzione e questo rasserena il governo regionale sul mantenimento dei posti dell’indotto”, ha proseguito giudicando “opportuna l’iniziativa del ministro di interloquire con Abi, con l’intera associazione bancaria italiana”.

“Dal confronto a Roma sulla vertenza Lukoil emergono notizie allarmanti. Siracusa e la Sicilia non possono e non vogliono rassegnarsi alla paralisi di un’azienda-simbolo per il petrolchimico e per l’intero sistema economico, ma soprattutto non possono e non vogliono accettare il declino occupazionale e sociale dell’area”, affermano i segretari di Uil e Uiltec Sicilia, Luisella Lionti e Peppe Di Natale. “È inquietante apprendere – spiegano i sindacalisti – che le banche non intendano rinnovare le linee di credito all’azienda malgrado Sace, la finanziaria controllata dal ministero dell’Economia, sia disponibile a fornire le garanzie necessarie”

In concomitanza con l’incontro davanti al ministero si è tenuto un presidio dei lavoratori. “Chiediamo l’intervento di Sace! Chiediamo la nazionalizzazione” e “Il tempo è finito! Adesso lo stato faccia da garante. I lavoratori Isab”, i messaggi presenti sugli striscioni. “Auspichiamo che attraverso Sace il governo possa dare continuità lavorativa a tutto l’indotto”, dice un lavoratore, occupato nel gruppo da 20 anni. Altrimenti “sarebbe una catastrofe, una bomba lavorativa e sociale per tutto il territorio. Una manifestazione si è svolta anche a Siracusa con migliaia di persone che hanno preso parte al corteo organizzato da Cgil e Uil. “È una mobilitazione che ha delle motivazioni importanti e profonde che mai nella storia industriale di questa nostra provincia si sono verificate, quindi bisogna mettere in campo strumenti adeguati”, ha detto il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona, che ha partecipato al corteo.

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